Standard & Poor’s ha abbassato l’outlook della Grecia da stabile a negativo, pur mantenendo il rating “CCC”. La scelta è motivata dalle gravi difficoltà che il governo guidato da Antonis Samaras sta incontrando nell’adottare le nuove misure di austerity imposte dalla troika, l’organismo composto da Bce, Fmi e Ue. Nel corso di un’intervista alla tv tedesca WDR, il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha dichiarato che un’uscita di Atene dall’euro “dalla prospettiva di oggi, sarebbe gestibile ma questo non significa che sia desiderabile. Perché ci sarebbero rischi significativi specialmente per la gente comune in Grecia”. Dimitri Deliolanes, corrispondente da Roma della radio/tv pubblica greca ERT, commenta la situazione del suo Paese per Ilsussidiario.net.



Il taglio dell’outlook da parte di S&P è giustificato?

La situazione è paradossale. Il governo di Samaras è stato eletto sulla base di una promessa di cambiamento politico, che consiste nel rinegoziare le condizioni con la troika. Quest’ultima non ha voluto neanche sentirne parlare e insiste con la politica dell’austerity il cui unico effetto è quello di aumentare la recessione. Nei giorni scorsi la troika è riuscita ancora una volta a imporre la sua volontà al governo greco. Ora l’agenzia di rating S&P taglia l’outlook di Atene per indicare che non ce la farà. Ma il premier Antonis Samaras è stato il primo a dire che quella politica non era applicabile. A essere declassata dovrebbe essere quindi la troika, in quanto le sue richieste non portano da nessuna parte.



Perché ne è così certo?

Sono quasi tre anni che si applica una ricetta che dà risultati sempre peggiori, cioè una recessione e una crisi ogni volta più profonde che hanno assunto dimensioni europee. Chiunque abbia un minimo di buonsenso può vedere che si tratta di una politica sbagliata.

Secondo i tedeschi, finora i governi di Atene non hanno adottato i tagli promessi …

Devo ammetterlo, i governi greci hanno messo in atto una politica finalizzata a nascondersi. Da un lato dicevano di sì a tutte le richieste della troika, e dall’altra facevano ben poco per non dover pagare il costo politico di scelte impopolari. Ma se anche avessero attuato ciò che era richiesto loro, non sarebbe cambiato nulla. La svendita del patrimonio pubblico, delle coste e delle isole per 50 miliardi di euro non avrebbe risollevato un debito pari a oltre 260 miliardi.



Non sarebbe stato meglio se i precedenti governi greci avessero detto tutta la verità?

Sarebbe stato meglio perché ciò avrebbe consentito di portare avanti una battaglia politica all’interno dell’Europa contro una linea del tutto improduttiva e finalizzata semplicemente a incrementare i guadagni del settore finanziario. Dal punto di vista economico inoltre, con una presa di posizione netta dei precedenti governi greci la situazione non sarebbe peggiorata in modo così vertiginoso.

 

Per Junker un’uscita della Grecia dall’euro sarebbe gestibile …

 

Da tempo vari esponenti tedeschi vanno avanti con questo giochino “terroristico” su un’eventuale uscita della Grecia dall’euro. La mia convinzione però è che se a uscire dall’euro fosse non dico la Grecia ma anche Paesi più piccoli come Malta o Cipro, sarebbe la conferma di un fallimento totale del progetto della moneta unica. L’effetto sarebbe quello di rischiare di trascinarsi appresso anche il disegno politico molto più importante relativo all’Unione europea.

 

In Germania si ipotizza di sacrificare la Grecia per salvare la Spagna e l’Italia …

 

A me sembrano esercitazioni teoriche senza un reale riscontro nella realtà dei fatti. E’ evidente che con un’uscita della Grecia dall’euro si scatenerebbe una tempesta dalla quale nessuno, neanche la Germania, uscirebbe sano e salvo. L’Europa assomiglia sempre più a un dialogo tra sordi.

 

Come se ne esce?

 

Se ne esce cambiando radicalmente la politica europea. Io non me la prendo tanto con i tedeschi, quanto con le istituzioni europee che non hanno saputo vedere fin dall’epoca del trattato di Maastricht i possibili rischi che correva questa moneta comune.

 

In che direzione deve andare questo cambiamento di politica?

 

Occorre affermare il primato dell’economia reale rispetto alla finanza. Come questo possa avvenire nelle attuali condizioni di globalizzazione, dovrà stabilirlo la politica. Il dato di fatto è che l’economia reale europea ha ceduto di fronte ai colpi durissimi che le sono stati inflitti dalla finanza. Il risultato è che non si fanno più investimenti produttivi e che i capitali sono tutti indirizzati verso derivati, Cdo, Cds e altri strumenti di questo tipo. A queste condizioni è impossibile che l’economia si risollevi, occorre quindi spezzare questa logica.

 

(Pietro Vernizzi)

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