E’ attesa per oggi la sentenza della Corte Costituzionale tedesca sull’ammissibilità del fondo salva-Stati Esm, importante per l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi in difficoltà per conto della Bce. Un deputato della Csu, Peter Gauweiler, aveva presentato un ricorso accusando la Banca centrale europea di abuso di potere. Ma la sua istanza (che avrebbe potuto far slittare i tempi della sentenza) è stata respinta. Gli ultimi rumors fanno ritenere che da Karlsruhe arriverà un giudizio positivo. Una sensazione rinfrancata anche dalle parole del portavoce di Angela Merkel, secondo cui l’Esm è conforme alla Costituzione della Germania. Per fare il punto della situazione alla vigilia di questo importante appuntamento, ilsussidiario.net ha intervistato Martin Groos, economista e manager universitario tedesco.
Fino a che punto il ricorso all’Alta Corte presentato dal deputato della Csu, Peter Gauweiler, rispecchia le convinzioni della maggior parte dei tedeschi?
In un recente sondaggio il 56% dei tedeschi ha espresso una grande preoccupazione per il fatto che la zona euro possa sfasciarsi. E’ questa quindi la prima paura dei tedeschi, e in questa prospettiva la discussione è quale sia la via più realistica per salvare la moneta unica. Una leggera maggioranza è a favore del fatto di riesaminare l’Esm (European Stability Mechanism) dal punto di vista giuridico, per garantire che il Parlamento tedesco abbia sempre abbastanza potere. Il tutto all’insegna del vecchio principio democratico, che afferma: “Nessuna tassazione senza partecipazione democratica”. La posizione di Gauweiler, però, non è affatto sostenuta dalla maggioranza dei tedeschi.
Come valuta il modo in cui i media italiani descrivono il dibattito sul futuro dell’euro all’interno dell’opinione pubblica tedesca?
Leggendo i giornali italiani, ho la netta impressione che facciano troppe dietrologie. Per esempio, sostengono che la Merkel vorrebbe fermare l’accordo sull’Esm per continuare a guadagnare sul basso interesse relativo ai titoli di Stato tedeschi. Non si guardano in profondità i fatti economici reali e le questioni di sostenibilità della zona euro. Quando, per esempio, si afferma che la Germania guadagna sulla crisi degli altri, si dimentica l’esposizione finanziaria di Berlino con gli aiuti già adottati nel sistema complessivo dei salvataggi. Diffondere delle dietrologie dando quasi per scontata la presunta malafede degli altri Paesi fomenta il populismo che rende più difficile la soluzione della crisi. Bisogna collaborare per favorire invece una vera solidarietà, che si basa sulla sussidiarietà e sul realismo anche economico.
Può dimostrare le sue affermazioni numeri alla mano?
Le esportazioni della Germania in tutti i Paesi del mondo, nel 2011, sono state pari a 1000 miliardi di euro, contro i 778 miliardi di esposizioni a rischio per evitare lo sfaldamento dell’euro. E’ questo l’ordine di grandezza dell’impegno tedesco, che squalifica chiunque affermi che la Germania vuole guadagnare dalla crisi. In questa cifra è compreso quanto è stato pagato per Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda nel primo e nel secondo piano di salvataggio, oltre alla partecipazione al rischio per l’acquisto dei bond di questi Stati da parte della Banca centrale europea, per un totale di 200 miliardi. Ricordo che la Germania ha una percentuale di circa il 30% del capitale della Bce. I 778 miliardi comprendono inoltre il credito già versato all’interno dello squilibrio del sistema target. Quest’ultimo garantisce i flussi di pagamento indipendentemente dai bilanci dei singoli Paesi. Quando un italiano acquista un prodotto tedesco, la banca centrale italiana chiede a quella tedesca di pagare una determinata cifra sul conto corrente del venditore tedesco.
Per il politico tedesco di sinistra, Joschka Fisher, la Germania rischia di distruggere l’ordine europeo come in occasione delle due Guerre Mondiali. E’ d’accordo con lui?
Se una cosa del genere avvenisse, sarebbe proprio tragico. Le dichiarazioni di Fisher mostrano il tipo di discussione che è in corso all’interno della Germania. Non tutti sono d’accordo sui mezzi di salvataggio, ma lo scopo della stragrande maggioranza dei tedeschi è comune: salvare l’eurozona. La questione che si pone è quale sia il metodo più sostenibile a lungo termine. E se non è sostenibile per la Germania, non lo sarà per nessuno in Europa, perché se crolla la credibilità di Berlino sui mercati, collassa l’intero sistema.
(Pietro Vernizzi)