Dopo film su Maometto, l’assalto all’ambasciata americana in Libia e l’uccisione dell’ambasciatore, si è innescata in tutto il mondo arabo e mediorientale una violenta spirale fatta di scontri, assalti, attacchi alle sedi diplomatiche Usa, britanniche e canadesi. Mentre a Tripoli una persona è morta durante le manifestazioni in corso, in Egitto undici persone sono rimaste ferite nelle sommosse al Cairo. Sono 3, invece, le vittime delle proteste di Khartoum, in Sudan, contro l’ambasciata americana,  dal tetto della quale i facinorosi sono riusciti a togliere la bandiera americana e posizionare quella di al-Qaeda. Migliaia di persone, inoltre, sono scese in piazza a Teheran, in Iran, mentre episodi analoghi si registrano in Yemen, Kuwait e Indonesia. Ovvio che, per la visita del Papa in Libano, ci sia una certa apprensione. Pierbattista Pizzaballa, custode della Terra Santa, ci spiega come sta evolvendo la situazione.



Anzitutto, nella sua zona si è registrato un aumento delle tensioni?

Effettivamente, in svariati luoghi sensibili, specialmente a Gerusalemme, è stato necessario aumentare le misure di sicurezza. Alcuni gruppi, oggi, hanno tentato di avvicinarsi al consolato americano. Benché non si siano verificati episodi gravi, ci sono stati dei disordini.



C’è il rischio che i cristiani siano identificati con l’Occidente e finiscano bersagli dell’estremismo?

Solitamente, ogniqualvolta si produce un attacco nei confronti dell’Occidente o, in particolar modo, degli Usa, i cristiani sono facilmente considerati alla stregua di una loro emanazione, soprattutto dai gruppi più facinorosi. C’è da dire che, questa volta, le autorità religiose cristiane si sono intelligentemente affrettate ad esprimere la propria disapprovazione rispetto alla realizzazione del film su Maometto. Il che ha contribuito a calmare le acque.

Quindi, cosa prevede?



Che, nell’arco di qualche giorno, la situazione torni alla normalità.

Crede che la visita del Papa possa contribuire in maniera positiva?

Sicuramente. Il fatto che la massima autorità dei cristiani si rechi in Medioriente con spirito costruttivo e atteggiamene pacifico viene percepito nettamente anche dai fedeli islamici.

Qual è il motivo della visita del Papa in Libano?

C’è un motivo ufficiale, che consiste nella consegna  dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. A questo, si affianca il fatto che, da sempre, il Papa ha manifestato particolare attenzione nei confronti della presenza dei Cristiani in Terrasanta e in Medioriente. Questo viaggio rappresenta l’anello conclusivo dei lavori del Sinodo e il termine di un percorso di sostegno morale e spirituale alla presenza dei cristiani.

Prima di partire, il Papa ha chiesto ai cristiani di restare in Medioriente, continuando a testimoniare Cristo. Qual è l’importanza della loro presenza in questi luoghi?

I cristiani devono restare, anzitutto, in Terrasanta per il semplice fatto che è necessario mantenere una presenza nel luogo in cui il cristianesimo è nato. Lì ci sono le nostre radici, i punti fermi della nostra identità. Qualunque cristiano, in tutto il mondo, senza Betlemme e senza Nazareth si sentirebbe privato di parte fondamentale della propria tradizione. I cristiani, inoltre, sono storicamente fondamentali, sul fronte culturale e sociale, per la vita di tutto il Medioriente e un fattore di pacificazione e dialogo importantissimo.

La sicurezza del Papa, attualmente, è a rischio?

Direi assolutamente di no.

Con l’avvicendarsi di svariati regimi, sono in molti a temere che le nuove autorità possano contribuire all’oppressione delle minoranze religiose in misura decisamente superiore alle precedenti. Per scongiurare il rischio, come dovrebbe agire l’Occidente?

Tutta la Comunità internazionale, e non solo l’Occidente, dovrebbe fare della difesa delle minoranze religiose uno dei punti fermi della propria politica. In particolare, andrebbe sancito il principio in base al quale la condizione sine qua non per instaurare rapporti commerciali e istituzionali con un Paese, è che questo rispetti la libertà religiosa. 

 

 

(Paolo Nessi)

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