L’autunno arabo si scaglia rabbioso contro l’America e tutto l’Occidente. Quel barlume di democrazia chiesto e raggiunto dalle centinaia di migliaia di manifestanti radunati pacificamente in piazza Tahrir nel gennaio dell’anno scorso si spegne rapidamente dietro ogni bandiera a stelle e strisce data alle fiamme in queste ore. Dal Libano al Sudan, dall’Egitto alla Tunisia, la rabbia e la violenza riportano il freddo nel cuore della primavera araba e di tutti coloro che, dopo la fine delle dittature, non avevano intenzione di rinunciare a quel poco di libertà raggiunto con fatica. Le ambasciate vengono prese d’assalto, i compound incendiati e le bandiere ammainate, tutto a causa di una manciata di secondi. Quei secondi in cui il profeta Maometto viene offeso, ridicolizzato e insultato. Un video del genere è blasfemo, dicono. E per questo devono assolutamente reagire. Il giornalista Luigi Geninazzi, contattato da IlSussidiario.net, però si chiede: com’è possibile che pochi secondi di girato possano spingere migliaia di persone a mettere a ferro e fuoco città intere?
Geninazzi, cosa può dirci a riguardo?
Sinceramente non credevo che, a seguito della cosiddetta stagione della primavera araba, una stupida e cinica provocazione potesse scatenare reazioni di questo tipo, ma evidentemente mi sbagliavo. Un video del genere è ovviamente da condannare, come in molti hanno giustamente fatto in queste ore, ma credo sia opportuno che i nuovi dirigenti musulmani spieghino al loro popolo che non si tratta di una manovra ordita da una cancelleria internazionale o da qualche potenza mondiale, ma solo da qualche idiota isolato che voleva mettersi in luce.
Come giudica dunque una simile reazione?
Assistiamo sempre più spesso a continue persecuzioni nei confronti di cristiani, eppure molto spesso non avviene alcuna reazione particolare. Come mai allora il mondo musulmano reagisce adesso in questo modo? Personalmente, sono dell’idea che anche la più stupida e piccola provocazione isolata possa ormai diventare un pretesto per un vittimismo aggressivo, il vero aspetto da denunciare in questo momento.
Cosa è cambiato dopo la primavera araba?
Dopo quella stagione credevamo che reazioni di questo tipo del mondo islamico fossero non certo tramontate, ma certamente diminuite. Invece ci ritroviamo al punto di partenza, di fronte a un problema che è innanzitutto politico e che riguarda le nuove dirigenze che oggi governano questi Paesi.
Si spieghi meglio.
Non è un caso che le violenze maggiori siano avvenute in Libia, dove è stato ucciso l’ambasciatore americano, in Egitto e oggi in Tunisia. Tre Paesi in cui la dittatura è caduta e che in passato ci hanno abituato a entusiasmanti spettacoli come quello avvenuto in piazza Tahrir, dove migliaia di giovani chiedevano in modo pacifico e senza bruciare alcuna bandiera di poter avere più libertà, dignità, giustizia e verità.
Che cosa ne è stato di tutto questo?
Tutto questo è stato circuito, manipolato e poi dimenticato dalle nuove dirigenze politiche che poi hanno avuto l’appoggio popolare nel primo voto libero e democratico. Parlo dei movimenti islamisti come i Fratelli musulmani in Egitto, gente che governa nel segno dell’ambiguità.
Cosa intende?
Il presidente egiziano Morsi condanna con fermezza le violenze ma nello stesso tempo i Fratelli musulmani incitano le persone a scendere nelle piazze per protestare. Come è possibile che ciò accada? E’ questo il vero problema: non possiamo mettere in atto un partenariato strategico, come ha fatto il governo italiano, ma stimolare e sollecitare questi nuovi governi a essere realmente rispettosi della libertà e dei diritti di democrazia.
Cosa crede che accadrà adesso?
Probabilmente l’ondata di rivolta si attenuerà già nei prossimi giorni, ma resta il fatto che basterà pochissimo per scatenarne un’altra in futuro. Bisogna dunque riflettere a fondo su cosa sta accadendo in questo autunno arabo che segue le primavere, in cui i laici vengono messi da parte, i giovani non hanno più voce e le dirigenze islamiste si riempiono la bocca di democrazia ma poi agiscono in tutt’altro modo. Non si può mettere a ferro e fuoco un Paese per un film, eppure i politici continuano a invitare a manifestare. Questo è il vero problema.
Quanto crede sia forte la presenza di al Qaeda?
E’ chiaro che la nuova dirigenza islamica non ha niente a che fare con al Qaeda e il terrorismo, e questo è comunque un passo in avanti. Il problema è che vi è uno stretto legame con i movimenti fondamentalisti. Per fare un esempio, il recente attacco all’ambasciata di Bengasi è stato attuato con uno schema completamente differente da quello classico di al Qaeda: è stato portato avanti da una folla animata principalmente dai salafiti.
Chi sono e che cosa hanno in mente?
Sono essenzialmente talebani finanziati dall’Arabia Saudita che però si muovono alla luce del sole, al contrario di al Qaeda. I salafiti compongono adesso quell’humus ideologico e sociale in cui al Qaeda può agire liberamente proprio perché sono riconosciuti e forti in diversi Paesi del mondo arabo, anche se in realtà sono violenti nemici dell’Occidente e delle minoranze cristiane.
In che modo crede reagirà adesso l’America?
Se, come credo, le rivolte si attenueranno nelle prossime ore, l’America non potrà mettere in campo azioni di forza. Sono stati proprio gli Usa a volere questa nuova situazione e lo stesso ambasciatore ucciso a Bengasi fu uno dei primi a spingere affinché l’amministrazione Obama aiutasse, sostenesse e poi riconoscesse i ribelli della Cirenaica. Questa amara ironia della storia ci mostra quanto ancora una volta la ruota possa tornare indietro e distruggere tutto ciò che è stato capace di mettere in moto un movimento che intendeva essere assolutamente positivo.
(Claudio Perlini)