Venerdi 14 settembre, in Tunisia, così come nel resto dei paesi arabi, si è celebrato il rito della collera con l’assalto all’ambasciata americana nel quale hanno perso la vita tre persone e una trentina sono rimaste ferite. E’ stata presa di mira anche la scuola americana, non distante dalla stessa ambasciata, alcuni locali della quale sono stati incendiati, così come diversi automezzi parcheggiati nelle strade adiacenti alla scuola stessa.
Tutto nasce dalla reazione alla diffusione del trailer su Youtube di un film il cui soggetto è la religione islamica, che viene definita “cancro”, e in alcune scene del quale viene rappresentato in modo palesemente oltraggioso il profeta Maometto.
Sulla libertà di espressione artistica tirata in ballo a proposito di questo film, così come in passato è stata tirata in ballo riguardo ad altre iniziative analoghe (t-shorts serigrafate, esposizione di quadri e vignette etc.), è stato disquisito ad abundantiam e non vale la pena di perderci tempo: è una questione di lana caprina che serve solo a menare il can per l’aia.
Penso, invece, che sia opportuno, anzi necessario, cercare di comprendere bene quale sia la forza motrice che alimenta le dinamiche di questo marchingegno infernale che intrappola, ostacola e, infine, rischia di vanificare ogni sforzo, ogni impegno, ogni iniziativa che quotidianamente centinaia di migliaia di uomini e donne di buona volontà, in ogni parte del mondo, stanno mettendo a disposizione di un progetto globale di pace, di dignità, di libertà e di democrazia.
Tutti conosciamo bene la fenomenologia della corruzione: è sufficiente immettere un batterio, un virus, all’interno di un organismo sano, per corromperlo e portarlo più o meno rapidamente al disordine e al disfacimento. E’ esattamente questa la situazione che caratterizza lo scenario di questi fatti.
A Tunisi, venerdi 14 settembre 2012 è accaduto, né più né meno quanto segue. Intorno alle 14 si sono radunate sulla scalinata del Teatro Municipale in Avenue Bourguiba poche decine di individui vestiti con il classico abbigliamento salafita e con barba d’ordinanza. Hanno liberamente berciato i loro proclami di fronte alla totale indifferenza della gente, che ha continuato a passeggiare nel corridoio centrale dell’Avenue o a sorseggiare le bibite seduta ai tavolini dei caffè ai lati dell’Avenue, compreso quelli del Cafè du Theatre, a fianco della gradinata dove i salafiti (o chiunque fossero) stavano manifestando. Quando uno di loro ha cominciato a dar segni di eccessiva agitazione la polizia lo ha bloccato e portato via. Evidentemente l’obiettivo di aggregare una folla di persone per dar vita ad una manifestazione di popolo era andato a vuoto. Nel frattempo, a poche centinaia di metri da lì, all’incrocio vicino alla stazione della TGM, la metropolitana di superficie che parte da Tunisi verso la Goulette e arriva a La Marsa, un certo numero di pickup stracarichi di altri manifestanti che berciavano slogan minacciosi agitando bandiere nere si radunavano per dirigersi, attraverso il raccordo stradale che taglia il lago di Tunisi e porta fino al Kram, verso l’Ambasciata degli Stati Uniti evitando, in tal modo, i blocchi stradali predisposti, in vista dei possibili disordini, su Rue de La Marsa e nelle strade parallele del Lac.
Una volta giunti di fronte all’ambasciata i manifestanti, anziché inscenare la solita manifestazione all’esterno dell’edificio dell’ambasciata stessa, hanno immediatamente preso d’assalto il compound vincendo la resistenza opposta dalla polizia. Evidentemente i poliziotti tunisini a presidio esterno dell’ambasciata erano preparati si a far fronte agli atti di violenza che potevano verificarsi all’esterno, ma non alla follìa d’un assalto all’edificio presidiato, all’interno, dai militari dell’esercito americano. Invece è avvenuto proprio questo, mentre altre decine di manifestanti si erano diretti verso la scuola americana, sull’altro lato della strada, appiccando il fuoco ad un locale e ad alcuni autoveicoli parcheggiati nelle strade adiacenti. Particolare interessante (e di non trascurabile significato): qualcuno di loro è entrato nei locali della scuola ed è stato visto uscire portandosi dietro computer e altri oggetti. Nel frattempo si è consumato, all’interno del compound dell’ambasciata americana, il dramma inevitabile della sparatoria ad opera dei marines che, dal tetto dell’ambasciata, hanno usato i riot guns contro il centinaio di vandali che, dopo aver distrutto incendiandoli un bel po’ di automezzi, militari e non, parcheggiati nel piazzale interno dell’ambasciata stessa minacciavano di entrare all’interno dell’edificio. Pare che i morti siano stati tre e feriti una trentina. E’ andata male, malissimo. E poteva andare anche molto peggio.
Alla fine di questa giornata di “venerdi della collera”, celebrata tristemente in tutto il Maghreb, anche la Tunisia ha versato il proprio obolo. Un obolo della vergogna e dell’insulto scatenati dalla vergogna e dall’insulto di un filmaccio da quattro soldi, che di culturale e di artistico non ha -a detta degli esperti in materia- un fico secco ma che, in compenso, ha centrato esattamente l’obiettivo che, evidentemente, si era proposto di raggiungere: quello di scatenare un altro piccolo, devastante, stupido inferno che è costato la vita, in Tunisia e altrove, a degli esseri umani travolti, alcuni, dalla propria follìa e dal loro stesso fanatismo, altri, purtroppo, dalla follìa e dal fanatismo altrui.
Cui prodest? A chi giova tutto ciò? Questa è la domanda vera da porsi, alla quale nessuno dei media che in questi giorni stanno blaterando di stato di guerra in un paese che ha reagito con la dignità e l’intelligenza della totale indifferenza all’imbecillità dei fanatici e dei violenti, ha saputo, o voluto, dare una risposta.
La risposta è: tutto ciò giova soprattutto a chi ha tutto l’interesse a delegittimare il quadro istituzionale di una repubblica parlamentare democratica per avviare il paese ad una reale indipendenza e ad una crescita sociale, culturale ed economica.
Troppi interessi, troppi intrallazzi, troppe cricche, troppe caste, troppe lobbies, troppe logge e loggette hanno prosperato all’ombra della dittatura, accumulando fortune gigantesche grazie alla corruzione del regime. Interessi di chi, dall’interno, lucrava di questa corruzione e di chi, dall’esterno, veniva ad pedes del dittatore per ottenerne una lex ad personam (legge che veniva abrogata subito dopo che l’azienda era stata costituita) per farsi un’azienda televisiva ad uso e consumo proprio e di qualche amichetto, o per farsi i propri affari in combutta con qualche membro della famigerata “famiglia”.
La via della pace, del progresso, della libertà e della dignità da riconquistare è, oggi in Tunisia, in salita più che mai. Duole constatare che al danno dell’indifferenza generale della classe dirigente politica italiana si aggiunge quello di una disinformazione volgarissima e becera messa in atto dalla stampa e dalle televisioni che, con i loro vergognosi e ignobili copia e incolla dei media francofoni e francofili, continua ad alimentare l’ignoranza crassa e supina generale di chi, ormai, angosciato dai problemi interni, non riesce a vedere al di là del proprio naso e guarda, di tanto in tanto, con occhio distratto, a quel che accade fuori dall’uscio di casa senza comprendere che la soluzione ai problemi che lo affliggono è proprio lì, a portata di mano. Si chiama cooperazione internazionale e allargamento dei confini dell’eurozona a quei paesi che si affacciano su quello che la civiltà dei nostri padri ebbe a chiamare “Mare Nostrum”, e che la barbarie dei nostri giorni sta definendo sempre più come “Mare Monstrum”. Con capitale Lampedusa.