“Il Profeta (la pace e la benedizione di Dio siano su di lui) ha detto: ‘Se un uomo promette pace e protezione a un altro uomo e poi lo uccide, io non ho nulla a che vedere con l’assassino, nemmeno se l’uomo ucciso è un miscredente'”. Wael Farouq, professore di Lingua araba nell’American University del Cairo, prima di iniziare questa intervista con IlSussidiario.net, ci tiene a citare questo passo del Corano. Il motivo, spiega, è che dopo le violenze dei giorni scorsi in cui, tra gli altri, è rimasto ucciso l’ambasciatore americano in Libia, è importante distinguere. Tra chi, dice, ed è una minoranza, fomenta violenze e odio per motivi puramente politici e quanti, la stragrande maggioranza, segue i precetti dell’Islam senza distorcerli. “Quanto è successo” dice “è del tutto contrario agli insegnamenti dell’Islam, la mia religione. L’Islam non permette a nessuno di uccidere un’altra persona per aver insultato il Profeta o l’Islam stesso”. Anche il fatto che in piazza al Cairo ci fosse chi ostentava immagini di Osama bin Laden, secondo Farouq, non deve trarre in inganno: “Erano poche centinaia di persone, gente ignorante molta della quale viene anche pagata per fare ciò che ha fatto”. Il problema, aggiunge, si nasconde dietro al fatto che “l’autentica malattia dell’Islam si chiama wahabismo, di cui l’Arabia Saudita è il massimo rappresentante. Ma siccome quel Paese controlla una grande parte della produzione del petrolio, nessuno nel mondo occidentale ha il coraggio di dire la verità al proposito e condannare l’Arabia Saudita”.
Professore, che commento fa degli attacchi alle ambasciate occidentali nei giorni scorsi?
Posso solo dire che quanto accaduto la scorsa settimana è del tutto contro l’insegnamento dell’Islam. L’Islam, che è la mia religione, non permette a nessuno di uccidere un’altra persona per il solo fatto di avere insultato il Profeta o l’Islam stesso. L’insegnamento della mia religione è molto chiaro: potrei scrivere pagine e pagine in cui è evidente come il Corano e la tradizione profetica sono contrari a ciò che è successo.
L’accusa rivolta agli autori del film incriminato è quella di blasfemia: ci può spiegare meglio in cosa consiste il concetto di blasfemia per un musulmano? Si applica alle offese a Dio o anche semplicemente al Profeta?
No, non è nulla del genere, quello non è Islam. Il Corano dice che se un non credente, un non islamico, dice qualcosa contro Dio o contro il Profeta, non replicare e lascialo stare. Questo è il massimo che un vero musulmano deve fare nei confronti di chi insulta la sua religione. Ecco perché quanto è successo nei giorni scorsi non ha nulla a che fare con l’Islam.
Di chi è allora la responsabilità?
Le ragioni politiche sono evidenti. In Egitto, ad esempio, sono in corso dibattiti sui presti che il nostro Paese può ottenere dalle banche internazionali, dibattiti concernenti la Costituzione e altro ancora. Quello che è successo è esattamente la stessa cosa che succedeva durante il regime di Mubarak: distrarre la gente dai veri problemi del Paese.
Quali sono questi problemi reali?
La nuova Costituzione è uno di questi. Bisogna sapere che il film incriminato era disponibile su Internet dal gennaio del 2012. Il numero di persone che lo aveva visto erano poche decine. Poi, il 9 settembre, la televisione Al Nas, una televisione salafita diretta dallo sceicco Khalad Abdalla, ha fatto vedere il film. Questo ha dato fuoco alle polveri. Questo sceicco è ben conosciuto per le sue relazioni con i servizi segreti egiziani e con il passato regime. E’ sua la colpa di aver dato inizio a tutte le violenze.
Però in piazza al Cairo c’era gente che mostrava il ritratto di Osama bin Laden e sventolava striscioni pro Al Qaeda.
Quelle persone erano neanche lo 0,001 per cento dell’intera popolazione egiziana. Duecento persone stupide e ignoranti, alcune delle quali anche pagate per fare ciò che hanno fatto. Anche le proteste al consolato americano in Libia sono state una conseguenza della guerra in corso tra Al Qaeda e gli Stati Uniti. Si è trattato della vendetta per l’uccisione di un leader di Al Qaeda. La maggior parte della popolazione di Egitto, Libia e Tunisia si è dichiarata contraria a questi attacchi. I social network sono pieni di condanne nei confronti di chi ha attaccato le ambasciate.
In questa situazione qual è stata la posizione dei cristiani egiziani?
Molti di loro erano in piazza, cattolici e ortodossi. Questo perché a parte chi sventolava la foto di bin Laden, c’erano altre manifestazioni, di altro tipo. C’erano molti dei vecchi rivoluzionari, islamici e cristiani insieme, che stanno cercando di tenere vivo lo spirito della rivoluzione egiziana. La scorsa settimana c’era stata una accesa discussione sull’intenzione di riportare in auge le leggi di emergenza su proposta del ministro per la Giustizia con l’appoggio del ministro degli Interni. Adesso, queste violenze contro l’ambasciata americana renderanno fattibile questo progetto.
E i Fratelli musulmani?
Stanno commettendo degli errori. Proclamano di volere il potere per applicare la legge di Dio, e così usano Dio per obiettivi politici. Questo è molto grave, ed è grave che i nostri leader incluso il Presidente della Repubblica non stiano prendendo posizione contro tutto questo e contro i leader salafiti, compreso quello che ha bruciato la Bibbia davanti all’ambasciata americana.
Proprio nelle ore di questi incidenti il Papa era in visita in Libano.
Una visita molto importante, perché il Libano è il luogo delle diversità e questo dimostra che ovunque ci sia un terreno comune c’è sempre speranza e che anche noi possiamo fare altrettanto. Una visita in un Paese con una lunga storia di convivenza, ma anche con una speranza potenziale di proposta e di offerta di una vita diversa e un futuro diverso.
Il Pontefice ha sottolineato l’importanza della presenza dei cristiani in Medio Oriente.
Sì, il numero dei cristiani che lascia quelle terre è in aumento e questa è una cosa molto brutta. I Paesi islamici non saranno gli stessi senza i cristiani, perderemmo una parte significativa della nostra identità ed è qualcosa che non possiamo permetterci. Ma c’è un fatto grave in tutto questo, che vale la pena sottolineare.
Ci dica.
I giornali egiziani hanno quasi del tutto ignorato la visita del Santo Padre in Libano, dando solo piccole e brevi notizie in fondo pagina. In questo modo nessuno ha avuto modo di riflettere sull’importanza di questa visita. I media in Egitto, ma anche in Europa, agiscono contro un possibile incontro fra civiltà e religioni diverse, si concentrano sulle cattive notizie e sul male, ignorando le notizie positive come questa. I media egiziani hanno ignorato la visita del Papa e quelli occidentali si sono concentrati sugli attacchi alle ambasciate ignorando che la maggior parte della popolazione era contraria. Si cerca di curare i sintomi della malattia ma non la malattia in sé.
Cosa intende esattamente?
Voglio dire che c’è una ipocrisia di fondo in Egitto, ma anche in Europa. Il vero male dell’Islam si chiama wahabismo, una corrente ideologico-politica che ha il potere in Arabia Saudita. Ma siccome l’Arabia Saudita controlla tanta parte della produzione del petrolio, nessuno ha il coraggio di denunciarli. Per fare un esempio, è come se nessuno in Europa avesse mai condannato il nazismo. Qualcosa cioè di simile al fascismo viene considerato semplicemente una diversità: non lo è e andrebbe condannato come la causa di tutto il male che esiste nel mondo islamico, da Al Qaeda ai canali televisivi che hanno causato questi incidenti. Dobbiamo fermare questa ipocrisia e fare qualcosa contro la causa di questa ideologia.
(Paolo Vites)