Mentre nel resto del mondo le proteste per il film Innocence of Muslims pian piano sembrano placarsi, in Francia un’iniziativa del premier Jean-Marc Ayrault rischia di rinfocolare la tensione. E’ stato disposto il divieto, infatti, di protestare, a Parigi, contro il film ritenuto dai fedeli islamici blasfemo. «È stata presentata una richiesta di manifestazione, ma sarà seguita da un divieto», ha dichiarato Ayrault, facendo presente che la Repubblica non alcuna intenzione di lasciarsi intimidire. Così, mentre il settimanale satirico francese Charlie Hebdo ha pubblicato oggi diverse vignette su Maometto e per precauzione, venerdì, saranno chiuse decine di scuole e ambasciate in una ventina di paesi islamici, Ayrault ha ribadito che in Francia è «garantita la libertà d’espressione, compresa la libertà di satira». Chi si sente offeso dal film o dalle vignette, ha concluso, potrà rivolgersi ai tribunali. Khaled Fouad Allam, islamologo e profondo conoscitore dei recenti fenomeni relativi al mondo musulmano (ha appena pubblicato Avere vent’anni a Tunisi e al Cairo. Letture delle rivolte arabe, Marsilio), ci spiega come interpretare la decisione francese.  



Che idea si è fatto, anzitutto, della vicenda legata al film e alle successive sommosse?

Da una parte, non possiamo non registrare come il film rappresenti un’offesa per popoli musulmani e per l’Islam, che reputano Maometto persona sacra e inviolabile; d’altro canto, le manifestazioni non sono nient’altro che il frutto di una strategia politica di alcuni movimenti e gruppi radicali che, nel contesto delle primavere arabe, cercano di sfruttare l’occasione per esacerbare i rapporti tra le parti. E’ la prima volta, del resto, che i gruppi in causa si trovano al potere. E sono costretti a confrontarsi con la democrazia, con minoranze, diritti, e diverse religioni.



Chi, in particolare, trae vantaggio dalla situazione?

Siamo in una fase di incognite rispetto al futuro dei Paesi islamici che devono decidere la forma di governo e le istituzioni che assumeranno nei prossimi anni; in un tale scenario di incertezza, i salafiti cercano di creare scompiglio per contare, nel futuro delle società islamiche, il più possibile.

Che impressione le suscita la decisione della Francia?

Forse, sarebbe l’ora che si iniziasse a distinguere, a livello concettuale, la sana laicità dall’esasperazione degli effetti della secolarizzazione. D’altro canto, è pur vero che la Francia moderna si è costituita contro la sua stessa identità religiosa. Sta di fatto che Parigi, fino a pochi decenni fa una delle “capitali” del mondo arabo in occidente, non è più in grado di governare il rapporto tra identità e religione dei suoi abitanti, perché intrappolata in una visione ideologica del concetto di laicità tipicamente francese; tale visione afferma, in sostanza, che la religione deve essere relegata unicamente nella sfera privata. Ovvero, a casa propria. Se questo concetto, di per sé sbagliato, era tuttavia sostenibile a livello pratico fino a trent’anni fa, oggi non lo è più.



Perché?

Il mondo è cambiato, e sotto impulso della globalizzazione la Francia ha al suo interno diverse popolazioni che, ormai, fanno integralmente parte del Paese. Ci sono milioni di persone con la cittadinanza francese che si professano islamici, ma anche buddisti, animisti, indù e via dicendo.

Tornando alla manifestazione: cosa si sarebbe dovuto fare?

La satira è nata nel periodo della Rivoluzione francese, proprio In Francia, dove nessuno mette in discussione la libertà d’espressione. I suoi contenuti possono rattristare un’intera popolazione, ma questo fa parte della stessa democrazia. Ora, se viene accettato un tale principio, coerenza vorrebbe che si accettasse anche il risvolto della medaglia. Che si consentisse, cioè,  a chi è contrario, di poter manifestare il proprio pensiero.

Quindi?

Si doveva permettere a chi voleva protestare di farlo. Ovviamente, mettendo in piedi le dovute misure di sicurezza, e consentendo di manifestare unicamente a chi intendeva farlo pacificamente. Vietare la manifestazione, oltreutto, fa il gioco dei salafiti; consente loro di giustificare, in seno alla comunità islamica, l’odio contro l’occidente. Questi episodi, infine, creano sacche di emarginazione e incomunicabilità dentro la nazione.

 

(Paolo Nessi)

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