Deposte le armi, sembra che alcuni stati vogliano di colonizzare l’occidente con metodi e strategie di gran lunga più sofisticati: comprandoselo. Già da tempo, specialmente durante la crisi, i fondi di investimenti sovrani di numerosi Stati arabi hanno avuto modi di fare shopping nei Pesi europei trovando chi spalancava loro le porte di griffe d’alta moda, di case automobilistiche, di banche e società di calcio. Qualcosa di simile sta avvenendo in Francia, ma a livello di sistema politico e di governo del Paese. Come ha riportato Libération, il governo francese ha accettato l’istituzione di un fondo sovrano del Qatar, dotato di un centinaio di milioni di euro, e volto alla riqualificazione delle banlieue delle città francesi più importanti. A questo punto, i qatarioti si troverebbero a possedere, oltre che numerose aziende e hotel di lusso francesi e oltre al Paris Saint-German, interi quartieri. Un’ipotesi, secondo molti, inquietante e pericolosa; specie sotto il profilo culturale. Se le cose stiano esattamente in questi termini, ce lo spiega Salvatore Abbruzzese. 



Come valuta l’operazione?

Il Qatar, negli ultimi anni, si è presentato come un protagonista particolarmente aggressivo del mondo degli affari, grazie ad un’enorme liquidità e consulenti, anche occidentali, in grado di suggerire loro le aree, potenzialmente, a maggiore sviluppo. Attualmente, tuttavia, non disponiamo di informazioni per poter pensare che le cose non stiano così. Il fatto è che con la crisi economica si è prodotta, contestualmente, una crisi di liquidità tale per cui compravendite di queste genere sarebbero state ritenute fino a poco tempo fa impensabili.



Non crede, quindi, che più o meno volontariamente gli acquisti del Qatar celino il tentativo, con mezzi alternativi, di colonizzazione culturale?

Personalmente, la vedo dura. E’ più probabile, caso mai, il contrario. Nel momento in cui queste persone investono in squadre di calcio come il Paris Saint German, sono loro ad assumere e lasciarsi condizionare dai valori del calcio occidentale. Oltretutto, difficilmente potremmo dire cosa potrebbero fare, in concreto, per operare un condizionamento culturale. Il problema, in ogni caso, mi sembra un altro.

Quale?

Anche se ragionassimo al netto di qualsivoglia ipotesi di conquista, resta il fatto che l’occidente e, nella fattispecie, la Francia, ha messo parte di sé e delle sue istituzioni in vendita. E’ piuttosto inquietante il fatto che debba fare ricorso a realtà diverse e lontane come gli Emirati Arabi, ma anche l’India o la Cina, per sopravvivere. Oltretutto, dobbiamo vedere cosa la Francia realmente metterà in vendita. Se si tratterà semplicemente di un piano immobiliare, è un conto; ma se affiderà al Qatar parte delle proprie prerogative sociali e legate al welfare, questo rappresenterà la cessione di quota della propria sovranità. E oltretutto, nei confronti di uno stato tutt’altro che democratico



Questo cosa significa?

Che il nostro modello di società, in questo frangente, rischia di entrare in crisi. Ovvero, non riesce a sostenere il proprio welfare e le promesse sociali su cui si era costituito. Se dobbiamo mettere in vendita parte dei nostri Paesi, significa che non siamo in grado di mantenere il sistema socio economico perché non siamo più in condizioni di sostenere i processi che noi stessi abbiamo avviato.

Vuol forse dire che i nostri stati dovrebbero essere un po’ meno democratici?

No, ma soltanto che i processi concreti che abbiamo avviato avrebbero portato automaticamente ad una situazione del genere. E’ una semplice constatazione di fatto.

Come se ne esce?

Il nostri modelli sociali e di welfare devono crescere, adeguarsi alla sfide attuali. Vanno rivisti alcuni parametri, per moltiplicare i soggetti sociali secondo un’ottica sussidiaria, valorizzando il volontariato e smettendola di pensare che lo Stato possa farsi carico di tutto e di tutti.  

 

(Paolo Nessi)