L’intervento francese in Mali non basta a placare gli attacchi a catena delle forze jihadiste. Le formazioni legate ad Al Qaeda si sono ritirate dalla zona orientale del Paese, ma restano forti in quella occidentale. Ieri all’alba un battaglione di rivoltosi provenienti dalla Mauritania ha circondato e conquistato la città di Diabali, nel Mali centrale. Ilsussidiario.net ha intervistato padre Piero Gheddo, missionario e giornalista del Pime.



Che cosa ha scatenato la guerriglia jihadista nel Mali?

Il centro-sud del Mali è abitato da cattolici, protestanti e musulmani tolleranti. Nel nord invece, che è una zona desertica, la popolazione è nella quasi totalità musulmana. In queste aree, come nel Niger, nel Nord del Burkina Faso, del Ciad e della Nigeria, Al Qaeda ha sempre attuato un’azione di convincimento sul fatto che l’Islam deve tornare alle sue origini e quindi alla sharia. La rivolta del Mali è nata dal fatto che tutte le armi abbandonate nel deserto libico dai seguaci di Gheddafi sono finite in mano ai qaedisti. Le forze del nuovo governo non sono arrivate in tempo in queste aree, e quindi i jihadisti sono riusciti a portare via le armi e ad arruolare l’ex milizia del Colonnello nelle loro fila. Ci sono poi i volontari che provengono dalla Mauritania, dal Senegal e dal Sud dell’Algeria.



Quindi c’è un legame tra il nuovo corso cui stiamo assistendo in Libia e quanto sta avvenendo in Mali …

Gheddafi in Libia teneva l’Islam a freno. I suoi metodi non erano certo democratici, ma il comitato di 12 imam che aveva creato a Tripoli controllava i sermoni che si dovevano tenere nelle moschee dell’intera Libia. Ciascun imam era quindi controllato, non poteva né aggiungere né togliere una sola parola. Quando Gheddafi è morto, si è scatenato l’Islam radicale che c’era già prima specialmente nella Cirenaica. Era evidente che lo sconvolgimento di un Paese importante come la Libia scatenasse le forze che ora vediamo attive nel Sahara.



Con quali conseguenze?

Sono stati potenziati gli sforzi di Al Qaeda che soffiava sul fuoco per sconvolgere il Mali e altri Paesi. In Mali c’era un governo democratico e filo-francese perché dominavano le popolazioni del Sud. Dopo che i militanti hanno preso le armi, il governo del Mali non disponeva di forze sufficienti ed è stato sconfitto. La Francia è dunque intervenuta, perché se fosse caduto Bamako, il Mali si sarebbe trasformato in un’altra Somalia.

Ora che cosa accadrà?

La guerra si prevede molto lunga, la Francia pensava che in un mese avrebbe fatto piazza pulita dei jihadisti. Ma il fatto è che quando un esercito straniero interviene in un Paese musulmano, garantisce un vantaggio proprio a chi vuole sconfiggere. La Francia è intervenuta per aiutare il governo legittimo di Bamako, con il sostegno di Usa e Nazioni Unite, ma è un Paese straniero e rappresenta una potenza colonizzatrice. Dal momento in cui Hollande ha dato l’ordine di combattere, agli occhi della popolazione al Qaeda e la Jihad islamica si sono trasformate in patrioti.

 

La Francia ha commesso lo stesso errore che aveva già fatto in Libia?

 

Sì. Avrebbe potuto aiutare l’Esercito del Mali rifornendolo di armi, in attesa che arrivassero i contingenti militari che l’Unione Africana ha inviato dal Burkina Faso, dalla Nigeria e da altri Stati, per aiutare il governo legittimo di Bamako a difendersi dagli estremisti. Ora però l’intervento francese rischia di provocare un afflusso di “volontari” islamisti da tutto il mondo, con l’obiettivo di partecipare a quella che potrebbe trasformarsi in una guerra santa. Il pericolo quindi è che il Mali diventi un’altra Somalia.

 

In che senso?

 

Anche in Somalia dal 1991 sono intervenute le forze occidentali, incluso l’Esercito italiano, sotto l’egida dell’Onu. Le forze occidentali avevano ripristinato l’ordine in tutta la Somalia, l’Italia aveva costruito scuole ed ospedali, era stato organizzato il campionato di calcio che da anni non si teneva.

 

Perché a quel punto gli eserciti occidentali hanno abbandonato la Somalia?

 

In primo luogo perché era scaduto il mandato Onu, e inoltre perché gli Stati Uniti nel 1998 sono stati colpiti da un grave attentato terroristico in cui sono morte 212 persone. Le forze di sicurezza sono quindi state costrette ad andarsene, e il Paese è stato conquistato dagli estremisti.

 

(Pietro Vernizzi)