Con una sentenza che si può già definire storica, la Corte suprema del Pakistan ha confermato quanto l’Alta corte aveva sentenziato e cioè che Rimsha Masih è innocente e non colpevole di blasfemia. L’accusa aveva infatti presentato ricorso contro la decisione dell’Alta corte insistendo sull’accusa di blasfemia nei confronti della religione islamica che in Pakistan significa sostanzialmente pena di morte. Rimasha Masih è stata protagonista di uno dei casi più assurdi di persecuzione da parte dei fondamentalisti islamici: affetta da problemi mentali e incapace a esprimersi correttamente e per di più minorenne, era stata arrestata lo scorso agosto anche se poi rilasciata su cauzione. Su lei però pendeva la terribile accusa di aver bruciato volontariamente pagine del Corano, accusa che significa morte senza pietà per chi la subisce. Tutto questo anche se già le prime indagini avevano parlato di una azione combinata appositamente da un leader fondamentalista (l’imam Khalid Jadoon Chishti) che aveva fatto mettere nello zainetto della ragazzina pagina bruciate del Corano. La ragazzina era stata in carcere circa un mese poi rilasciata su cauzione il 7 settembre, adesso finalmente proclamata ufficialmente innocente. Particolare soddisfazione per la soluzione del caso è stata espressa dal ministro delle minoranze religiose, il cattolico Paul Bhatti che ha spiegato come si sia deciso di sostenere la linea legale invece che fuggire all’estero per paura della possibile condanna. Linea che ha portato al riconoscimento di innocenza e alal giustizia. Come sottolinea lo stesso ministro ma anche gli avvocati difensori, l’importanza della sentenza è evidente perché significa che tutti gli accusati di blasfemia (spesso casi inventati a tavolino per delegittimare, attaccare le comunità cristiane e confiscare i loro beni) adesso possono sperare in una soluzione giusta dei loro casi. Il pensiero va naturalmente ad Asia Bibi, la giovane madre di famiglia detenuta da anni e in attesa di una soluzione definitiva del suo caso. In Pakistan attualmente ci sono sedici persone codnannate a morte per blasfemia in attesa di esecuzione della sentenza e altre venti condannate all’ergastolo.
Adesso nel caso è implicato proprio il leader religioso che aveva orchestrato la faccenda insieme alla persona che materialmetne è andata alla polizia a sporgere denuncia sostenendo di aver visto la ragazzina bruciare le pagine del Corano.