L’Algeria rivive i fantasmi di un passato orribile, un passato fatto di sangue e violenze inaudite che alla fine portarono a circa 150mila morti. Secondo qualcuno è proprio nella guerra scatenata dai fondamentalisti islamici nell’Ageria degli anni novanta che vanno rintracciate le vere radici di Al Qaeda. E’ da quel tentativo di imporre con il sangue il fondamentalismo islamico che sarebbe nato il terrorismo di Osama bin Laden. Quanto successo nel centro petrolifero di In Amenas, nel profondo Sahara algerino dove il blitz dell’esercito ha portato alla liberazione di 685 dipendenti algerini dell’impianto, di 107 stranieri, all’eliminazione di 32 terroristi e alla morte di 23 ostaggi, evoca le ombre più cupe di vent’anni fa.
Padre Thierry Becker, sopravvissuto alla strage di monaci del monastero di Tibhirine (immortalata in un famoso film che racconta quanto successe nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, quando un commando armato sequestrò sette monaci: il 21 maggio i loro corpi furono ritrovati con la gola tagliata), parlando con Ilsussidiario.net, sottolinea la sorpresa, negativa, che questo episodio ha comportato: “Non ce lo aspettavamo” dice. “Nessuno si aspettava quello che è successo. In questo momento possiamo solo dire e possiamo solo sperare che si tratti di un episodio isolato, ma in realtà non possiamo dire niente ed aspettare invece come si evolveranno gli eventi nel prossimo futuro”.
Padre Becker è stato testimone di quella violenza fondamentalista che adesso si teme possa riaccadere di nuovo in Algeria. Qualcuno sospetta che il commando di terroristi che ha organizzato ed effettuato il megasequestro finito nel sangue, possa essere giunto dalla Libia. Allora, nel 1996, a uccidere i monaci furono i Gruppi islamici armati. Padre Becker era di passaggio nel monastero, ospite del priore che era suo amico personale. “Oggi” ci ha detto “la stragrande maggioranza degli algerini non ricorda più nulla di quell’episodio. E’ accaduto più di quindici anni fa, nel secolo scorso. E dopo di esso ci furono ancora migliaia di morti in Algeria”. La strage dei monaci è però ben viva nella chiesa algerina: “Certamente ancora oggi facciamo memoria nella nostra chiesa di quanto accadde. L’eredità di Tibhirine è un messaggio di povertà, di abbandono totale nelle mani di Dio e degli uomini. La nostra in quanto uomini è una condizione di peccatori perdonati che vogliono vivere in mezzo agli uomini di qualunque fede, anche islamici”.
Padre Becker, che negli anni novanta era stato vicario generale della diocesi di Orano, proprio in questi giorni si prepara ad accogliere il nuovo vescovo della città. “E’ un padre dominicano che ha vissuto parecchi anni nei paesi arabi anche se nato in Francia. Conosce l’arabo, è giovane e di lui posso dire solo cose molto buone. Siamo grati del suo arrivo e lo attendiamo con ansia”.
Oggi i cristiani in Algeria, ci dice ancora padre Becker, sono sempre un piccolissima minoranza, ma “viviamo normalmente in mezzo agli islamici, senza difficoltà. Tra di noi ci sono africani e italiani soprattutto, in Algeria ci sono molte aziende italiane, francesi e spagnole, ma quelli che si fermano in chiesa con noi sono essenzialmente gli italiani e gli africani, studenti e immigrati”.
Ci sono anche molti egiziani: “Qui da noi abbiamo anche un sacerdote copto proveniente dall’Egitto, ci sono molti egiziani copti in Algeria. Condividiamo la nostra comune fede cristiana, tanto che offriamo loro la nostra cattedrale per le loro funzioni. Proprio stanotte i cristiani copti si riuniranno in cattedrale, la chiesa sarà piena di arabi che cantano in arabo”. Padre Becker sottolinea la dimensione gioiosa dei cristiani algerini: le nostre chiese sono piene di africani che cantano sempre con gioia e gratitudine”.
Alla fine però rimane sempre il commosso ricordo dei monaci rapiti dal monastero di Tibhirine e poi trucidati: “Il monastero è più vivo che mai, ancora oggi tutto è rimasto come era allora. E’ una memoria viva nella vita della chiesa algerina”.