Il Regno Unito al voto, per dire se i cittadini di Sua Maestà vogliono restare o meno nell’Unione europea. A confermare questa intenzione è lo stesso primo ministro inglese, David Cameron, che lo ha ricordato parlando a un incontro pubblico a Londra. Cameron si è detto dunque a favore di un referendum che decida sulla permanenza del Regno Unito nella Ue: se restare o uscirne. Un voto, ha aggiunto, che non andrà dato a cuor leggero perché una volta deciso in qualunque delle due direzioni non si potrà tornare indietro. Non sarà un referendum immediato, ha anche detto, probabilmente non si terrà prima del 2015, e in caso che i conservatori vincessero di nuovo le elezioni. Infatti, ha spiegato il primo ministro, non si potrebbe andare al voto oggi prima che il governo non abbia tentato di negoziare un nuovo accordo con l’Unione europea. La paura di Cameron è quella di “una crisi di competitività in Europa”: se non risponderemo a queste sfide, dice, il rischio è che l’Europa si incagli e che gli inglesi decidano di volerne uscire. Infine Cameron spiega che anche se si decidessi di uscire dall’unione, l’Inghilterra sarebbe sempre un paese europeo sito in Europa: il continente sarebbe sempre il mercato di riferimento per Londra ed esiste una complessa rete di impegni giuridici che ci legherà sempre all’Europa. Parlando oggi, il primo ministro inglese ha anche detto che al momento esistono tre sfide fondamentali per i paesi dell’Unione: il problema dell’eurozona, problema che sta causando problemi di natura fondamentale, la crisi della competitività europea e il sempre maggiore divario esistente tra Unione europea e i cittadini cosa che secondo Cameron rappresenta mancanza di senso democratico. Non si considera un isolazionista, ha detto, ma questa Europa deve cambiare. Quello dell’isolazionismo in effetti è sempre stato un sentimento molto diffuso tra gli inglesi, tanto che ad esempio nonostante l’adesione all’Unione, il Regno Unito non ha mai adottato la moneta comune preferendo restare legato alla propria sterlina.
Da una parte la memoria di quando l’Inghilterra era una potenza mondiale, anzi un impero, con la convinzione di sapersi reggere da sola e al di sopra degli altri paesi europei, dall’altra la natura di un popolo che vive in una isola e si sente isolato dal resto del continente.