Dal Mali all’Egitto, il Nord Africa e il Sahel attraversano una nuova fase drammatica caratterizzata da guerra civile e scontri violenti. Ieri le truppe francesi e maliane hanno riconquistato la città di Timbuctu, patrimonio dell’Unesco, sotto il controllo dei fondamentalisti dal giugno 2012. Questi ultimi prima di andarsene hanno dato fuoco a una biblioteca con manoscritti antichissimi. Mentre in Egitto non si fermano le violenze, nel corso di proteste che hanno visto mescolarsi il fanatismo calcistico degli hooligan con la protesta contro il presidente Mohammed Morsi. Ilsussidiario.net ha intervistato Guido Olimpio, inviato del Corriere della Sera ed esperto di terrorismo internazionale.
Partiamo dall’incendio della biblioteca di Timbuctu. Come si spiega l’odio degli islamisti per tutto ciò che è diverso da loro?
Intanto bisogna avere delle conferme sull’entità dei danni. E’ stato detto che ci sono stati dei libri bruciati, ma preferirei essere cauto perché altre fonti sostengono che i libri erano stati tolti prima che arrivassero i fondamentalisti. A parte questa premessa, gli islamisti nel Nord del Mali hanno cancellato dei simboli antichissimi, in quanto la loro è un’interpretazione estremamente rigorosa e oscurantista della religione, e quindi considerano queste presenze come degli idoli che vanno distrutti. E’ per questo che fanno tabula rasa nei confronti di tutto ciò che può rappresentare qualcosa di alternativo ai precetti dell’Islam.
Quanto sta accadendo in Mali è legato al fenomeno delle Primavere arabe o è una realtà diversa e a sé stante?
I problemi del Nord Mali affondano le radici in una situazione che dura da anni. La rivolta dei tuareg, che combattono e chiedono il rispetto dei loro diritti a lungo repressi, crea una forte realtà secessionista. Come sempre accade, su una crisi locale si innesta poi una presenza di gruppi estremisti terroristici, come Al Qaeda nel Maghreb, e anche dei traffici di altra natura.
A che cosa si riferisce?
L’area al confine con Mali, Libia e Algeria è una zona dove è praticato il contrabbando di armi, sigarette, alcolici e cocaina. Si tratta di merci proibite che provengono dal Sud America e che poi proseguono verso l’Europa. C’è quindi una condizione che impedisce di distinguere le reali responsabilità dei singoli gruppi coinvolti.
Quindi le Primavere arabe in Mali non hanno giocato nessun ruolo?
Le Primavere arabe hanno favorito delle spinte radicali e la diffusione delle armi. I saccheggi dei depositi di Gheddafi hanno permesso a separatisti e terroristi di utilizzare armi molto più sofisticate, che hanno consentito loro di andare all’assalto. Ora sono in ritirata, anche se non sarà facile debellare la loro presenza.
Per lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, “la Primavera araba non è ancora terminata e continuerà per anni, purtroppo con una lunga scia di massacri”. E’ d’accordo con lui?
Certamente la Primavera araba non può finire in un anno o due. Si tratta di Paesi che sono sempre stati dominati da dittature, e adesso dispongono di sistemi diversi. Sistemi che non sono perfetti, in un contesto dominato da islamisti di varia tendenza e privo di una cultura che possa favorire anche dal punto di vista pratico delle forme di democrazia. E’ inevitabile quindi che le tensioni continuino nel tempo. A lungo termine dobbiamo essere ottimisti, ma nel medio ci dobbiamo ancora aspettare una fase di instabilità.
Fino a che punto i massacri cui stiamo assistendo sono inevitabili?
Come vediamo anche in Egitto, la transizione per cause diverse e anche non di tipo politico, provoca delle vittime. I massacri dipenderanno da zona a zona, sicuramente la Siria è un teatro nel quale ci dobbiamo aspettare ancora grandi spargimenti di sangue. In Egitto è difficile prevederlo, ma sicuramente nel contesto medio-orientale ci sarà ancora una fase di instabilità e violenza. Non si possono mettere però tutti quanti sullo stesso livello.
Ciò a cui stiamo assistendo è una reale transizione verso la democrazia, o si tratta di colpi di Stato con dittature che sostituiscono altre dittature?
Quella cui stiamo assistendo è una fase senza certezze, in cui si rovescia il dittatore e quello che viene dopo è tutto da definire. Non c’è una forza dominante, ma una serie di entità che si ribellano. Fatalmente ci possono essere poi delle derive molto pericolose. Vorrei però sottolineare un aspetto che in molti dimenticano.
Prego …
Noi occidentali non possiamo pensare di condizionare questi movimenti. Quando si sollevano popoli interi, nessuna forza esterna può illudersi di riuscire a fermare la rivoluzione. Nessuno ha o aveva la forza di bloccare i movimenti che si sono prodotti in Nord Africa. Anche con l’appoggio dell’Occidente, Mubarak sarebbe stato costretto a cedere perché ormai la rivolta era innescata e nessuno poteva fermarla.
(Pietro Vernizzi)