Si sono tenute da poco le elezioni in Giordania. E’ stato il re Abdallah II a volerle anticipare, davanti alle manifestazioni di protesta dello scorso ottobre che rischiavano di portare anche qui i venti della primavera araba. Una decisione coraggiosa e intelligente quella del monarca, che ha in questo modo evitato un braccio di ferro dalle conseguenze impossibili da prevedere: in questo modo il popolo ha capito di essere ascoltato da chi governa, anche per le diverse concessioni fatte dal re. Ad esempio l’aumento delle quote rosa in parlamento e una commissione di sorveglianza sull’andamento delle elezioni. Resta però, come ha detto a ilsussidiario.net Maroun Lahham, vescovo ausiliare di Gerusalemme con l’incarico di vicario patriarcale per la Giordania, l’incognita dei Fratelli musulmani: “Hanno cercato in tutti i modi di boicottare le elezioni inscenando una commedia politica che fortunatamente non ha avuto il risultato sperato, visto che la gente è andata a votare e ha dimostrato la propria fedeltà alla monarchia”. Essere riusciti a convincere la popolazione a votare è un risultato che il vescovo rivendica anche alla Chiesa giordana, che si è attivamente spesa in questo compito non facile.
La Giordania è per il momento uscita dal rischio di essere investita dal vento della primavera araba che ha travolto tanti paesi arabi. Queste elezioni hanno infatti confermato la fedeltà del popolo giordano alla monarchia.
Certamente, il risultato conferma questa fedeltà del popolo. In Giordania il rispetto e la professione di fedeltà a chi guida il paese rimangono stabili: il re non si tocca. Anche se in realtà viste le proteste degli ultimi tempi c’è il timore che questa fedeltà si possa coniugare al passato almeno per una certa parte della popolazione.
Il timore più grosso per queste elezioni veniva infatti dall’invito dei Fratelli musulmani a boicottarle.
Sì, ma adesso possiamo dire che il loro disegno avventato sia stato un fallimento: alla fine hanno dovuto ammetterlo anche loro.
La percentuale di astensioni però non è stata poca cosa: ha votato il 56,6% degli aventi diritto.
Ma poteva andare peggio visto lo sforzo fatto dai Fratelli musulmani per boicottare le elezioni.
A cosa si appellavano per ottenere questo risultato?
La Fratellanza, ma anche gruppi della sinistra giordana, volevano che la legge elettorale venisse cambiata prima di andare al voto. La nostra legge elettorali prevede che 27 seggi sui 150 disponibili vengano assegnati sulla base delle liste nazionali e i rimanenti attraverso circoscrizioni locali che secondo loro sarebbero troppo legate alla famiglia reale.
Però l’apposita commissione elettorale istituita dal re ha controllato l’andamento del voto ed espresso un giudizio positivo.
Esattamente. Ci tengo poi a sottolineare il grande impegno della Chiesa giordana e dei suoi fedeli per invitare la popolazione a recarsi a votare, un impegno che è stato fruttuoso e ha evitato una situazione pericolosa per la Giordania, un impegno mirato a ottenere un risultato di equilibrio democratico.
In Giordania vivono moltissimi palestinesi profughi dalle loro terre: sono andati a votare che lei sappia?
Dipende perché in Giordania ci sono due tipi di palestinesi, quelli che hanno il passaporto giordano detto speciale e quelli che hanno passaporto giordano, ma che non permette di votare. I primi hanno certamente votato.
Per le forze moderate?
Difficile dirlo, molto difficile, non posso e non voglio sbilanciarmi su questo dato.
Adesso secondo lei come potranno essere i rapporti con i Fratelli musulmani? Continueranno il loro tentativo di boicottare le istituzioni?
Dobbiamo sperare che i rapporti si evolvano in modo positivo. Con il loro atteggiamento durante la campagna elettorale hanno dimostrato di aver messo su una vera e propria commedia per confondere il popolo, anche perché poi alcuni di loro anche se dietro ad altri simboli si sono comunque fatti eleggere in parlamento. Ci sono infatti 18 deputati eletti che sono in qualche modo legati a loro. Ma dobbiamo aspettare di vedere come si evolverà la situazione, aspettare di vedere che tipo di governo verrà formato. Attualmente ci sono diverse coalizioni che stanno discutendo per dare vita a una maggioranza di governo.
La Giordania dunque si conferma un’isola moderata nel turbolento panorama del Medio Oriente.
Assolutamente sì.
Però in Giordania c’è una forte crisi economica aggravata dal gran numero di rifugiati che arrivano dalla Siria.
La crisi economica colpisce la Giordania come colpisce tutto il mondo. Certamente l’arrivo di più di 300mila siriani l’ha resa più grave però aspettiamo che si risolva la crisi siriana per capire come uscirne
La Chiesa come ci ha detto lei svolge un ruolo importante in questo paese.
I cristiani sono una piccola minoranza, circa il 3,5% della popolazione, ma svolgono una presenza assai importante e decisiva nel mondo dell’economia. La nostra presenza nel mondo dell’economia vale il 30% del totale, un rapporto molto più significativo del numero effettivo dei cristiani della Giordania.
(Paolo Vites)