Il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, ha esortato le donne turche ad avere (almeno) 4 figli, nell’ottica di dare un spinta alla crescita economica di un Paese che può comunque già fare affidamento su 75 milioni di abitanti. L’invito è stato lanciato – e riportato dalla stampa di Ankara – in occasione dell’inaugurazione della centrale geotermica di Denizli. Queste le parole del primo ministro: “Tre non bastano, fate quattro bambini”. Non è stata certo la prima volta che Erdogan ha consigliato alle famiglie di procreare in quantità, criticando aspramente il ricorso all’aborto – considerato da lui stesso come un vero e proprio omicidio – e al parto cesareo, affermando che fanno calare sensibilmente la natalità. Insomma, due le parole d’ordine in merito: fare più figli e divieto d’aborto.



È infatti da tempo che il suo partito Giustizia e Sviluppo (conservatore-islamista) sta lavorando alla revisione della legge sull’interruzione di gravidanza, con la volontà di ridurre i tempi utili entro i quale operarlo, da dieci a quattro settimane. E si parla anche di divieto assoluto, comprese la gravidanze da stupro. Bisogna ricordare che in Turchia l’interruzione volontaria di gravidanza è consentita dalla legge da circa trent’anni (dal 1983) e prevede che una donna abbia il pieno diritto di abortire, previo avviso del coniuge, fino alla decima settimana. Secondo la fede islamica, infatti, è dopo la decima settimana che ha inizio la vita. Ma la Direzione Affari Religiosi, l’organismo statale che rappresenta la massima autorità religiosa, ha sancito che l’aborto è contrario alle legge islamica e rappresenta di fatto un omicidio.



Immediate le reazioni del popolo femminile, mobilitato e sceso in piazza ad Istanbul per protestare contro il progetto del proprio  premier. Circa 3mila donnE, accompagnate dai mariti e dai compagni, hanno manifestato al grido di “giù le mani dal mio corpo”.

Ma c’è una donna, e  per la precisione il ministro della sanità Fatma Sahin che la pensa proprio come Erdogan; è stata proprio il ministro a rincarare la dose, ripudiando la pratica del parto cesareo, definito testualmente “un’operazione chirurgica che, anche se indolore, comporta rischi per la madre”.

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