Al di là della buona volontà di tante persone e strutture che di fatto ne vengono investite, risulta evidente che il problema dell’immigrazione non autorizzata via mare dalle coste del Nordafrica verso l’Unione Europea attraverso il nostro Paese viene gestito in modo pasticcione e del tutto improvvisato. Proviamo allora a porre alcuni punti fermi su quelle che potrebbero essere in primo luogo una gestione ben organizzata dell’emergenza, ma poi e innanzitutto una ragionevole politica di governo dell’immigrazione dall’emisfero Sud.
A chi è pronto a viaggi disperati via mare dalle coste del Nordafrica verso Lampedusa, la Sicilia, o altre mete ad esse prossime, non si rende affatto un buon servizio annunciando “missioni militari umanitarie” nel Mediterraneo intese a rendere più sicuri tali viaggi. Di fatto questo si risolve in un invito a prendere il mare al più presto anche con mare cattivo – prima che a Roma cambino idea – con imbarcazioni a perdere (innanzitutto gommoni) e con la speranza di venire ripescati in alto mare dalle navi della “missione militare umanitaria”. Inoltre, avendo già in campo motovedette e guardiacoste delle nostre varie e numerose polizie, che bisogno c’è di mobilitare anche la Marina militare, le cui navi sono comunque troppo grandi e di bordo troppo alto per accostare natanti precari senza correre il rischio di affondarli?
Infine è evidente che non c’è un adeguato coordinamento delle operazioni di soccorso e di gestione dei casi di catastrofe. Per fare esempi relativi al caso più tragico e recente, la questione della sepoltura delle vittime del naufragio dell’Isola dei Conigli non è stata affatto affrontata, come si sarebbe dovuto, da subito, senza attendere che la situazione diventasse insostenibile nell’ hangar dell’aeroporto di Lampedusa ove venivano raccolte. Non si è pensato a un loro funerale, non si sono curate nel modo dovuto l’accoglienza e il rapporto con i parenti. Alla fine sono state sepolte in modo sparso d’autorità in cimiteri di comuni della provincia di Agrigento, venendo così sottratte al cordoglio dei superstiti e dei familiari reperibili. Ancora una volta, come troppo spesso nel nostro Paese, alla buona volontà e alla dedizione di tanta gente ha fatto riscontro lo sgangherato funzionamento delle istituzioni statali.
Finché perdura l’attuale smisurato squilibrio di tenore di vita tra Paesi industrializzati e emisfero Sud (i Paesi più poveri arrivano anche ad avere un quarantesimo del prodotto nazionale lordo pro capite di quelli più ricchi), e finché la sicurezza di vita e la tutela dei diritti umani fanno registrare squilibri analoghi, non c’è dubbio che quella che si potrebbe definire l’immigrazione della fame e della paura non può venire fermata del tutto se non a costi umani inaccettabili.
Inoltre non ha senso tentare di bloccare o anche solo di regolare nell’ultima tappa – il passaggio attraverso il Mediterraneo – dei viaggi che sono di solito transcontinentali quando non intercontinentali, e che implicano la negligenza o la connivenza o anche impossibilità di controllo di molti e diversi Paesi. Più che in sede europea la questione va posta in sede internazionale.
Occorre, magari sotto l’égida dell’Onu, convocare una conferenza diplomatica internazionale con la partecipazione non solo dei Paesi di arrivo ma anche di quelli di transito e di origine (quando possibile) di tali flussi per affrontare la questione in tutti suoi aspetti e ottenere che ciascun governo si assuma le sue rispettive responsabilità al riguardo.