Lo scandalo Datagate mette sotto accusa gli Stati Uniti d’America che, attraverso l’attività di spionaggio della Nsa – National Security Agency – avrebbero intercettato milioni e milioni di telefonate, sms ed email. Italia, Germania, Francia, Spagna e Sud America le vittime (note) dell’operazione dell’agenzia governativa che chiedono chiarezza sull’operato del governo a stelle e strisce, colpevole di aver infranto la privacy di milioni di persone. Ma a che pro? E soprattutto, era possibile che nessuno sapesse? Per cercare di fare chiarezza ilsussidiario.net ha contattato Andrea Margelletti, presidente del Cesi (Centro degli studi internazionali), nonché esperto di strategie militari, geopolitica, intelligence e politica estera.
La nostra privacy è in pericolo?
Innanzitutto occorre dire che i servizi segreti fanno il loro mestiere e chi è in pericolo non sono certo i cittadini comuni (anche se c’è in gioco la privacy). Lo spionaggio si focalizza sulle persone che hanno informazioni pregiate e preziose, non certamente sul cittadino normale.
Contromosse e misure per difendersi ne esistono?
Non è questo il punto. Io non saprei per quale ragione un servizio segreto dovrebbe intercettare i cittadini: sarebbe uno spreco immenso di risorse. Quello che uno intercetta poi lo deve anche analizzare, non solo incamerare. Pensiamo ad un’intercettazione: raccogli, ma poi il nastro lo devi ascoltare. Quindi ripeto, non vedo il motivo per il quale non i servizi segreti americani, ma quelli di tutto il mondo si debbano mettere a intercettare i comuni cittadini.
Chi è nel mirino dunque?
Soggetti ben precisi: lo spionaggio si fa verso chi è in possesso di informazioni segrete, chi ha accesso a segreti militari, politici ed economici, chi ha contatti con organizzazione criminali e terroristiche e chi è in grado di influenzare i governi e le loro scelte.
Ma è possibile che tutto questo sia avvenuto all’insaputa dei servizi segreti italiani?
Mi perdoni, ma se lei spia qualcun altro, quel qualcun altro lo informa?
Ovviamente no.
Appunto, e quindi per quale ragione il servizio segreto di uno stato “alfa” dovrebbe informare lo stato spiato “beta” della sua attività?
Le accuse al Copasir e ai sistemi di sicurezza italiani sono infondate secondo lei, o hanno una loro ragion d’essere?
Facciamo una distinzione innanzitutto. Una cosa è essere informati o meno, altra cosa è essere preparati o impreparati. Non è questione di falle. Se io devo spiare sulla rete, tutto questo avviene attraverso le capacità dei miei super-computer di entrare nei suoi. Se lei ha tre super-computer e io ne ho venticinque, secondo lei chi dei due avrà più capacità di entrare nel pc altrui?
Quindi chi ha più risorse a disposizione, sarà più performante.
Esatto, chi ha più mezzi è in grado di fare più cose. Tutto qui, è semplice.
Ma lo fanno solamente gli Stati Uniti, o è cosa abbastanza diffusa?
Spiano tutti. Quello che cambia è la magnitudo della spiata e, come detto, spia di più chi ha più risorse.
Anche noi quindi.
Ovviamente, noi spiamo quelli che dobbiamo spiare. Solamente che noi lo facciamo con mezzi ridotti rispetto a una superpotenza.
Nel nostro caso particolare, chi?
Criminalità organizzata e terrorismo, il normale compito dei servizi segreti.
Esiste una piattaforma europea in cui vengono condivisi questi dati segreti?
L’intelligence funziona in due maniere: l’intelligence partecipata, dove vi sono anche operazioni comuni contro il terrorismo e la criminalità. E quella effettuata da un singolo governo, come in questo caso. Quindi possiamo dire che sì, l’Italia – come gli altri Paesi – partecipa a numerosissime attività di intelligence con gli alleati, ma molte altre attività vengono fatte in maniera singola.
Da un punto di vista strettamente pratico è più facile intercettare una telefonata, un sms o un email?
È uguale: sono tutti e tre sistemi totalmente aperti. Per chi ha le risorse è assolutamente facile.
Un scandalo del genere in passato è mai esistito?
No, perché quello che è successo in questo caso è che la vicenda è diventata nota, di dominio pubblico.
Quindi chissà quante sono rimaste sotto traccia.
Esattamente. Si ricordi che nell’intelligence i successi sono silenziosi e i gli insuccessi fragorosi…
(Fabio Franchini)