Una nuova sostanza utilizzata per l’iniezione letale riapre il dibattito sulla pena di morte negli Stati Uniti. Martedì William Happ, 51 anni, ha subito l’esecuzione nelle prigioni di Stato della Florida. L’uomo era accusato di avere violentato e ucciso una 21enne nel 1986. A fare discutere è stato l’utilizzo del midazolam, il farmaco che dovrebbe far perdere coscienza al condannato a morte prima che altre due sostanze lo paralizzino e gli fermino il cuore. L’agonia di Happ è durata però ben 14 minuti ed è avvenuta tra atroci sofferenze. Reo confesso, l’uomo aveva deciso di accettare la condanna senza presentare appello. Prima di morire Happ ha ricevuto i sacramenti da un sacerdote cattolico e ha dichiarato con voce calma di fronte ai familiari della vittima, Angie Crowley: “Desidero chiedere perdono a tutti dal più profondo del cuore per quanto ho compiuto. Ho pregato Dio chiedendogli di perdonare i miei peccati, ma comprendo le ragioni di coloro che non lo potranno fare”. Jeffery Pfister è stato suo avvocato nella prima fase del processo e attualmente è procuratore dello Stato della Florida. “L’ho rappresentato come avvocato nel 1997-98 durante la fase del jury trial che ha portato alla prima sentenza nel 1999 – racconta a ilsussidiario.net -. Nel corso del processo d’appello è subentrato invece un altro avvocato”.
Happ si è dichiarato colpevole. Ritiene che ci siano ancora dubbi su questa vicenda?
Fin dall’inizio ho sempre avuto un dubbio dentro di me, in particolare per quanto riguarda il modo in cui erano stati effettuati i test del Dna. Dopo 27 anni di processi, devo però accettare le conclusioni cui è arrivata la giustizia americana. William Happ è morto dopo avere ricevuto i sacramenti da un sacerdote cattolico. Sia che fosse o meno colpevole, sono certo che ora si trova in Paradiso. Le sue ultime parole prima di ricevere l’iniezione letale sono state che sperava che Dio lo perdonasse, ma che comprendeva se i familiari della vittima non fossero stati in grado di farlo. Il suo viaggio è finito.
La sua fine è avvenuta tra sofferenze indicibili. Lei che cosa ne pensa del cocktail letale utilizzato per l’esecuzione?
In Florida per le esecuzioni è stata usata a lungo la sedia elettrica, e prima ancora c’era l’impiccagione. Non sono un medico e non so quale metodo sia più doloroso. Personalmente sono contrario alla pena di morte, in quanto ritengo che l’ergastolo sia un’alternativa più giusta e conveniente sotto tutti i punti di vista. Ma non ha senso discutere se sia meglio l’iniezione letale o la sedia elettrica, questa o quella sostanza. Una condanna a morte in quanto tale è sempre qualcosa di cruento.
Per quali motivi è contrario alla pena capitale?
Perché la giustizia umana non può sostituirsi a Dio. Non soltanto perché esiste sempre un margine di errore giudiziario, ma anche per il fatto che per quanto un criminale si possa essere macchiato di orribili delitti, lo Stato ha il dovere di essere migliore di lui e non compiere la stessa cosa nei suoi confronti. Ovviamente la giustizia ha il compito di proteggere la società, e ciò implica il fatto che alcune persone devono essere “rimosse” per impedire che continuino a danneggiarla. Ma ciò non deve avvenire attraverso una vendetta, bensì attraverso la giustizia.
Perché il sistema giudiziario americano privilegia la vendetta rispetto alla giustizia?
Nella maggior parte dei casi non è così, la rieducazione dei carcerati è una priorità per la nostra giustizia. Nella prigione di Stato della Florida ci sono 100mila persone, e i contribuenti pagano 20mila dollari l’anno per ciascuno di loro. In totale quindi nella sola Florida si spendono 2 miliardi di dollari in programmi per rieducare i detenuti. Quasi tutte queste persone alla fine escono dal carcere.
Oltre che avvocato, lei è anche procuratore. Si è trovato ad affrontare anche altri casi che prevedevano la condanna a morte?
Mi è capitato diverse volte sia come procuratore sia come avvocato. Quello di William Happ è però il primo caso che è giunto effettivamente fino all’iniezione letale.
Quali sono i sentimenti di un procuratore che deve decidere se chiedere o meno la condanna a morte?
Io mi sono sempre limitato a seguire la legge. Il legislatore approva le norme, e il compito di un procuratore è semplicemente quello di obbedire. Anche nei casi che prevedevano la pena di morte ho fatto il mio lavoro meglio che potevo. Quella sulla pena di morte è una decisione politica che spetta a Camera e Senato dei singoli Stati.
Un procuratore però può sempre scegliere tra chiedere la condanna a morte oppure l’ergastolo…
In questi casi uno sente molto forte il peso della responsabilità. Anche per questo tutte le volte che mi sono trovato a dover decidere ho sempre cercato di fare il mio lavoro nel modo migliore e con la maggiore serietà possibile.
(Pietro Vernizzi)