Il 27 ottobre si terranno in Argentina le elezioni per formare Camera e Senato. L’appuntamento è di un’importanza cruciale per il Paese, dato che le primarie tenutesi l’11 agosto di quest’anno hanno evidenziato di come il FPV (Frente Para la Victoria), il partito del Governo kirchnerista al potere, non abbia più la maggioranza dei voti del Paese, nonostante possegga quella relativa: ben oltre il 70% dei suffragi è andato a partiti dell’opposizione. L’FPV ha perso addirittura nella roccaforte del kirchnerismo, la regione di Santa Cruz.



Tra i fatti accaduti in questo lasso di tempo che vieppiù rischiano di aggravare questo dato vi sono la scomparsa mediatica della Presidente, colpita da aneurisma cerebrale e pertanto ritiratasi momentaneamente dalla scena politica, e i soliti (oseremmo dire) episodi che evidenziano l’arroganza dell’attuale potere che non ammette altra forma di pensiero che non la sua, e che continua nell’utilizzare l’elemento dei diritti umani come scudo delle proprie “debolezze”.



A parte il malore di Cristina Fernandez de Kirchner, sulle cui condizioni viene mantenuto il massimo riserbo, l’incidente capitato al candidato del FPV Cabandiè è sintomatico: il politico stava rientrando da una riunione e, accortosi che una vigilessa stava elevando una multa alla sua auto parcheggiata in sosta vietata, non ha trovato di meglio che rivolgere espressioni poco ortodosse all’agente, condendole con frasi urlate del tipo “Io ho vissuto sotto la dittatura! I miei genitori sono desaparecidos!“. E via di questo passo… senza accorgersi che un collega dell’agente stava filmando il tutto con un cellulare. Dato in pasto ai mass-media, l’episodio è subito balzato all’evidenza della cronaca, anche perché nel frattempo il politico aveva pregato un suo compagno di partito, Martin Insaurralde, sindaco del quartiere dove è avvenuto il fatto, di far licenziare la giovane… cosa portata immediatamente a compimento.



Juan Cabandiè giustificava la sua condotta con un tentativo fatto dalla vigilessa di corromperlo, ma la cosa, attraverso prove e filmati sempre più contundenti, si rivelava una bufala colossale, tanto da portarlo a scuse ufficiali sia da parte sua che di Insaurralde. Ma la frittata ormai era fatta e della faccenda si è discusso ampiamente per molto tempo, creando un’ulteriore pubblicità negativa al potere, smascherato nella sua vera dimensione.

A ingigantire il tutto ci ha pensato Esther Carlotto, la responsabile dell’organizzazione Abuelas de Plaza De Mayo, che da un po’ di anni, assieme a Hebe de Bonafini, la leader della frangia minorista delle Madri, è diventata una cassa di risonanza del potere, difendendolo a spada tratta, ovviamente in cambio di sostanziosi emolumenti distribuiti largamente, come nel caso di Bonafini, dall’estabilishment kirchnerista. Carlotto ha parlato di manipolazioni della stampa, ma nel fare ciò ha scoperto la pochezza del suo intervento, dato che le immagini e le registrazioni dell’accaduto sono inequivocabili e non lasciano spazio al minimo dubbio.

A far piovere sul bagnato ci ha pensato pure l’incidente alla stazione di Once di un treno della linea Sarmiento che ha provocato una trentina di feriti ed è stato la replica della tragedia di due anni fa in cui i morti furono settanta. Frutto dell’insicurezza del sistema ferroviario argentino che, sebbene privato in diverse parti del settore, dovrebbe ricevere ingenti finanziamenti dallo Stato atti a svilupparne la sicurezza. Il problema è che i soldi poi finiscono sui conti bancari aperti a Miami dai proprietari delle linee.

Una situazione catastrofica, quindi, con un’inflazione sempre più galoppante, una crisi imponente, un Paese economicamente bloccato dove lo Stato amministra ormai direttamente quasi l’80% dell’economia. Con scandali e soprusi che ormai sono all’ordine del giorno. Quello che stupisce e che ancora può dare un barlume di possibilità all’FPV è la sostanziale frammentarietà dell’opposizione che, sebbene goda di una maggioranza schiacciante, è divisa anche ideologicamente: sta di fatto che però, con una maggioranza sia alla Camera che al Senato, unita a una (si spera) unità di programmi, a Cristina, se manterrà la sua funzione, non rimarrà di meglio che governare attraverso l’arma del decreto, riportando l’Argentina alla cupa epoca finale del menemismo, forma di potere degli anni 90, che portò la Nazione alla debacle del 2001 che tutti conosciamo ed ebbe nella famiglia Kirchner (Nestor e Cristina) i suoi più ferventi sostenitori, molto differenti dai denigratori di oggi. Ma anche questa è una pagina che, come quella dei diritti umani e della dittatura militare, è stata riscritta a mo’ di fiction e data in pasto alle giovani generazioni come un dogma assoluto.