Era un risultato ampiamente previsto, ma la sorpresa è stata nel constatare che la sconfitta del Fpv (Frente Para la Victoria), il partito kirchnerista al governo, è stata netta e si è ulteriormente confermata nei risultati delle elezioni rispetto alle primarie che avevano dato già fortissimi segnali del cambiamento in atto. Per quanto riguarda Camera e Senato il kirchnerismo è fuori dai giochi nelle principali province e città argentine, ma anche nella sfida interna nel movimento peronista, dove il candidato principale del Frente Renovador, Sergio Massa, ha ottenuto un soverchiante 42,34% dei suffragi rispetto all’avversario Martin Insaurralde del Fpv con il 29,5%. È festa pure a Buenos Aires, dove il partito Pro e la sua candidata Gabriela Michetti hanno ottenuto la maggioranza dei voti e dove il candidato kirchnerista Filmus non ha raggiunto il quorum per il Senato. Stessa situazione nella Provincia di Mendoza con il successo del radicale Cobos e pure nelle Provincie di Santa Cruz e Chubut, roccaforti del kirchenrismo, dove la sconfitta del partito di governo è stata schiacciante. Nella provincia di Cordoba ha vinto il candidato peronista Juan Schiavetti, mentre il secondo posto è andato al suo pari del Partito radicale: pure nella provincia di Santa Fe è segnalato il trionfo del socialista Binner.



Nonostante manchino ancora alcuni seggi i risultati danno come schiacciante, lo ripetiamo, la vittoria dell’opposizione con oltre il 75% dei suffragi. Come già descritto nell’articolo pubblicato ieri, il problema che ora si pone, nonostante la netta maggioranza sia alla Camera che al Senato, è che l’opposizione, per poter storicamente voltare pagina e lasciarsi alle spalle un regime oligarchico che dal 2001 ha governato il Paese, deve trovare un’unità di programma che permetta quei benefici effetti che il controllo delle due istituzioni garantirebbe. Certo, ma è un dato secondario, il Fpv rimane il partito di maggioranza relativa, ma il rischio che perda definitivamente il controllo politico dell’Argentina e debba ricorrere al poco edificante metodo dei decreti presidenziali per poter imporre la sua volontà è da ritenersi molto probabile.



L’Argentina cambia volto e sebbene il Ministro delle Finanze, il kirchnerista Marcò Del Pont, abbia dichiarato che questo risultato non scalfirà minimamente le assurde norme valutarie che il suo gabinetto ha messo in atto, si presume che questa sua volontà sia di debole attuazione.

La giovane democrazia argentina, con questo risultato, ha dato dimostrazione di essere abitata da persone che la vogliono vivere sul serio, che nell’arco di questi anni hanno dato vita a massive pacifiche manifestazioni autoconvocatesi (bell’esempio da seguire in Italia, dove però pare che la cosa risulti essere impossibile). Insomma, dopo quarant’anni trascorsi tra regimi militari genocidi e oligarchie, anch’esse con forti connotazioni dittatoriali, sembra sia giunto il momento di provare come la libertà di opinione, il rispetto reciproco e, soprattutto, il contributo di tutti possono tradursi in un benessere tanto atteso, specie in un Paese dotato di immense ricchezze naturali e umane.