“La riforma che mira a eliminare l’obbligo del figlio unico in Cina metterà fine agli aborti selettivi e all’infanticidio delle bambine, e riequilibrerà il bilancio demografico del Paese”. Lo afferma Gian Carlo Blangiardo, professore di Demografia all’Università di Milano-Bicocca, dopo che il Plenum del Partito Comunista Cinese ha reso note una serie di riforme, la prima delle quali consiste nel fatto di permette alle coppie di avere quanti figli vorranno. A ciò si aggiunge la chiusura di tutti i campi di rieducazione e la riduzione dei casi cui possono essere applicate la pena di morte e la tortura.



Per ora la riforma è stata annunciata solo in forma ufficiosa. Ritiene che ci sia l’intenzione di attuarla realmente?

Sì, in quanto l’obbligo del figlio unico ha da tempo mostrato la corda. Ci si è resi conto che si è ottenuto il risultato del rallentamento della natalità, ma si è provocato un drastico cambiamento degli equilibri demografici all’interno della popolazione cinese.



In che modo è avvenuto questo drastico cambiamento?

I rapporti di genere alla nascita, che a livello mondiale sono di 106 maschi ogni 100 femmine, in alcune aree sono profondamente alterati. Potendo scegliere un solo figlio, le coppie cinesi optano per il maschio. C’è quindi una quantità enorme di aborti selettivi, in tutto 300 milioni da quando la legge è stata approvata. Talora si sospetta che si sia ricorso addirittura all’infanticidio nei confronti delle bambine. Ciò è drammatico e assolutamente da combattere, ma ci sono anche degli aspetti di natura socio-economica da considerare attentamente.



A che cosa si riferisce?

Gli equilibri della popolazione rispetto al genere sono importanti da numerosi punti di vista. Al momento della formazione delle coppie per esempio in Cina c’è un maggior numero di maschi rispetto alle femmine. A ciò si aggiunge l’invecchiamento della popolazione con gravi conseguenze per il welfare.

Questa riforma cambierà anche la vita in Cina?

Questa riforma faciliterà la responsabilità per la costruzione del loro futuro da parte delle famiglie. Attorno ai figli si fanno gli investimenti per il futuro, i sacrifici e le previsioni di spesa. L’idea di non essere limitati a un unico figlio, avendo una maggiore libertà d’azione nella progettualità familiare, può essere un incentivo ad accrescere l’impegno, il coinvolgimento e la responsabilità della popolazione e dei lavoratori.

 

Lo stop all’obbligo del figlio unico in Cina può rischiare di portare la situazione demografica fuori controllo?

La popolazione cinese è composta da 1,3 miliardi di persone. Gli indiani sono sullo stesso ordine di grandezza, e se non hanno già superato i cinesi lo faranno presto. La Cina non è quindi più neanche l’unica grande potenza demografica mondiale. Inoltre l’equilibrio della popolazione, sia che parliamo di San Marino sia che parliamo della Cina, è sempre una caratteristica imprescindibile all’interno di un territorio.

 

Quindi la Cina non rappresenta un caso diverso dagli altri?

No, una popolazione che vuole continuare se stessa in via del tutto naturale raggiunge il suo equilibrio quando, in media, una coppia riproduce una coppia di altre persone. Possono essere miliardi o migliaia di persone, ma il principio di fondo rimane lo stesso. L’equilibrio mondiale della popolazione consiste nel fatto di raggiungere una qualche forma di stabilità, che non sarà sui 7 miliardi di oggi, ma sugli 8 o 9 miliardi che si vanno prospettando per il futuro.

 

Insomma la Cina ora potrà ritornare all’equilibrio demografico?

Pur all’interno dei suoi grandi numeri, la Cina può comunque realizzare l’equilibrio che sarebbe stato negato finché si rimaneva al livello di un figlio per donna. Questa norma, se non fosse stata modificata, inevitabilmente avrebbe alterato in maniera massiccia la struttura per età e questo sarebbe stato fonte di situazioni particolarmente problematiche. Avere un giusto ricambio tra le generazioni è al contrario un segnale di equilibrio raggiunto.

 

(Pietro Vernizzi)