Un colosso della beneficenza da 95 miliardi di dollari attraverso cui il Grande Ayatollah Ali Khamenei controlla l’Iran in modo autoritario e repressivo. E’ quanto emerge da un’inchiesta, realizzata dai giornalisti della Reuters, secondo cui la Setad, un’organizzazione poco conosciuta, sarebbe una delle chiavi che ha assicurato il potere duraturo del leader iraniano. Un modo per garantirsi una presa su tutti i settori dell’industria inclusa la finanza, il petrolio, le telecomunicazioni, le pillole anticoncezionali e la coltivazione delle ostriche. Per Rony Hamaui, professore di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari all’Università Cattolica ed esperto di finanza islamica, “la commistione tra beneficenza e controllo politico del potere è tipica del Medio Oriente e trae le sue radici nelle origini stesse dell’islam”.
Professor Hamaui, che cosa ne pensa di questa inchiesta sull’associazione iraniana Setad?
Setad rappresenta una sintesi perfetta dell’Iran e dell’islam in generale. La commistione tra la beneficenza e il controllo del potere è un fatto tipico delle società mediorientali. Da un lato, come vogliono i precetti dell’islam, apparentemente c’è una grande attenzione alla solidarietà e ai problemi sociali. Dall’altra c’è un abuso continuo del diritto e della stessa proprietà, che la religione islamica vuole tanto tutelare, che si aggiunge ad alcuni fenomeni di natura illecita. La seconda commistione tipica di queste società è quella tra aspetti di natura populista con altri di tipo autoritario.
Queste associazioni di beneficenza sono anche uno strumento per la gestione del consenso?
Sì. Questa è la loro connotazione caratteristica, e anche senza elezioni democratiche queste associazioni riescono ad avere un certo seguito e consenso. Entrambi però sono molto erosi dal carattere non democratico di queste istituzioni. Quando sono andati al potere in Egitto, i Fratelli musulmani non sono riusciti a mantenere il favore di cui godevano inizialmente presso l’opinione pubblica. All’origine di questa caduta ci sono svariati motivi, tra cui il mancato rispetto della legge in quanto l’abuso era diventato molto ricorrente.
In che modo i precetti della finanza islamica finiscono per regolare realtà come la Setad iraniana?
La cultura musulmana contrappone l’“homo oeconomicus” all’“homo islamicus”, cioè a colui che si attiene ai precetti del Corano. La beneficenza attraverso la decima è un aspetto molto importante di questa cultura, così come la solidarietà nei confronti del gruppo. A ciò si aggiunge il fatto che nell’islam le società per azioni non sono ben accette, e a esse si preferiscono altre forme come il partenariato. All’interno di queste strutture societarie, quelle che possono mantenersi nel tempo sono quelle che svolgono una funzione di beneficenza. Il motivo di ciò riguarda anche il diritto ereditario: nell’islam alla morte del proprietario l’eredità è divisa tra tantissimi soci e ciò rende difficoltosa l’accumulazione di capitale. Soltanto le fondazioni benefiche sul modello di Setad riescono a evitare queste conseguenze.
In che modo queste realtà affondano le loro radici nel precetto islamico della beneficenza?
La tassa islamica, o Zakat, è un elemento essenziale della finanza islamica che si configura come la tipica imposta da welfare sotto forma di decima. Tanto è vero che una teoria sostiene che islam è nato come un contratto sociale tra le due componenti della società araba del settimo secolo: i ricchi commercianti e chi non avendo altri mezzi faceva il brigante. Grazie alla decima i mercanti potevano continuare a commerciare spezie e i briganti non attaccavano le carovane. Attraverso un meccanismo di welfare si creava una sorta di pace sociale. In questo modo avveniva una commistione tra l’aspetto beneficio e il controllo politico simile a quello che descrivevamo prima a proposito dell’organizzazione Setad, in quanto il welfare diventava un elemento del contratto sociale.
(Pietro Vernizzi)