Solo negli ultimi due mesi sono stati avviati in Pakistan tre processi in base alla legge contro la blasfemia, che si aggiungono ad altri numerosi casi, tra cui forse il più noto è quello di Asia Bibi, tuttora in carcere dal giugno del 2009, e i cui due principali sostenitori, Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze e Salmaan Taseer, governatore del Punjab, sono stati entrambi assassinati.
L’ultimo caso è quello di Adnan Masih, un giovane pastore pentecostale. Adnan, all’inizio di ottobre, aveva sostituito il fratello Irfan, indisposto, nel negozio in cui questi lavora. Nel corso della giornata aveva a un certo punto visto un libro contenente diverse false accuse al cristianesimo e aveva scritto delle note correttive, citando anche la Bibbia. Il giorno dopo, il proprietario del libro, un collega del fratello ritenuto vicino ai fondamentalisti musulmani, lo aveva denunciato alla polizia, sulla base di ben tre articoli della citata legge sulla blasfemia.
Non solo, ma aveva anche informato Jamaat-ul-Dawat, un movimento fondamentalista collegato con organizzazioni terroristiche, sul cui leader gli Stati Uniti hanno posto una taglia di 10 milioni di dollari, ma che circola liberamente nel Paese, protetto da una parte dei servizi segreti pakistani. Jamaat-ul-Dawat ha dichiarato pubblicamente che a chiunque manchi di rispetto verso il Profeta deve essere tagliata la gola. Comprensibile che, appena avuta notizia della denuncia, il pastore e la sua famiglia si siano dati alla fuga.
La reazione degli estremisti musulmani è stata violenta, con assalti alle case dei cristiani, che hanno provocato feriti e la fuga di altri cristiani. La polizia ha arrestato il fratello di Adnan, un altro suo parente e il proprietario del negozio, poi rilasciati in quanto riconosciuti innocenti.
In seguito a tutte queste pressioni, Adnan Masih si è consegnato spontaneamente alla polizia il 6 novembre, chiedendo e ottenendo la protezione della polizia. Il giorno dopo si doveva tenere la prima udienza del processo, che è stata però rinviata a causa delle violente manifestazioni degli estremisti islamici davanti al tribunale. Non è escluso che a questo punto il pastore venga trasferito, per motivi si sicurezza, in una prigione e che lì continuino gli interrogatori.
Adnan Nasih si è sempre dichiarato innocente, affermando di non aver scritto nulla contro Maometto o l’islam, ma di avere semplicemente corretto affermazioni false sul cristianesimo e sulla Bibbia del libro trovato nel negozio. Non tutti in Pakistan ritengono sia stato prudente consegnarsi alla polizia, temendo che non sia in grado di proteggere efficacemente il pastore dalle minacce degli estremisti.
Ho avuto modo di intervistare, per conto de Ilsussidiario.net, la famiglia di Adnan Masih, che ha confermato le minacce ricevute e il timore per la vita di Adnan. Irfan ha ribadito l’innocenza del fratello che, apportando quelle che riteneva giuste correzioni a false interpretazioni, non pensava di violare alcuna legge.
Ecco quanto mi ha detto la madre: “E’ stato uno choc grandissimo, in un attimo è cambiato tutto per noi, hanno minacciato di uccidere tutta la famiglia. Penso che Adnan abbia sbagliato a prendere il libro dal cassetto e fare le correzioni. Siamo dovuti scappare dalla nostra abitazione e nasconderci presso parenti. Eravamo ricercati sia dalla polizia che dagli estremisti islamici. Poi qualcuno ci ha parlato dell’organizzazione Life for All- Pakistan (organizzazione pakistana per i diritti umani, NdR) e li abbiamo contattati. Una loro squadra è venuta e ci ha aiutato a nasconderci.”
I familiari del pastore hanno descritto le preoccupazioni di questo mese, i loro dubbi se chiedere o meno la protezione della polizia, dato che in passato sono state uccise persone in custodia della polizia. Gli avvocati della ONG hanno fatto ricorso al tribunale per ben tre volte, chiedendo che Adnan potesse restare libero sotto cauzione. Le pressioni sono state comunque tali che alla fine il pastore ha deciso di consegnarsi alla polizia, malgrado i dubbi manifestati da Life for All- Pakistan, che continua a sostenere Masih nella sua vicenda giudiziaria.
Nonostante le misure di sicurezza della polizia siano state aumentate, la famiglia si sente ancora minacciata ed è costretta a frequenti spostamenti. La loro speranza è che Adnan venga riconosciuto innocente e continuano a pregare per questo.
Netto il loro parere sulla legge contro la blasfemia: ”Sono leggi che vengono usate contro le minoranze religiose e le loro vittime sono i deboli e gli oppressi. Queste leggi ci stanno facendo soffrire molto e hanno distrutto la felicità della nostra famiglia.”
Non solo i soli a pensarla così in Pakistan, ma non molti lo dicono apertamente. Il cattolico Bhatti e il musulmano Taseer lo hanno fatto, e sono stati uccisi.