È alta tensione Stati Uniti-Cina. Gli Usa hanno sfidato la rivendicazione di sovranità nazionale avanzata dalla Cina sulle isole contese con il Giappone nel Mare cinese orientale. Gli aerei militari a stelle e strisce – due bombardieri B52 – hanno sorvolato l’arcipelago di Senkaku-Dyaou (conteso fra Cina e Giappone) senza informare le autorità cinesi. È stata un vera e propria azione dimostrativa in risposta alla mossa di Pechino che, nei giorni scorsi, aveva dichiarato di propria pertinenza lo spazio aereo delle isole – di proprietà del Giappone – al fine di allargare il proprio perimetro di pattugliamento, avvertendo le compagnie aeree di tutto il mondo di dover informare la capitale Pechino prima del sorvolo. Washington “tace”, mentre l’aviazione di Pechino parla di violazione. Il Pentagono ha dichiarato solamente che i bombardieri non volavano con alcun carico di bombe. Ma il motivo dell’aspra contesta qual è? Non solo strategia militare, bensì ingenti interessi economici. Gli isolotti in questione non hanno alcuna rilevanza: è il mare circostante ad essere prezioso. Le acque sono infatti ricche di giacimenti petroliferi e di gas naturale. La Cina e il Giappone – due economie in continua trasformazione – non sono autosufficienti per il fabbisogno energetico: i due Paesi importano petrolio e gas dalla Russia e dal Medio Oriente. Anche Vietnam e Filippine hanno preso parte alla contesa, ma l’attrito con il Giappone è il più rilevante, visti il rispettivo peso economico e la forza militare in gioco, per non parlare della loro influenza nel delicato sistema delle alleanze internazionali. Ed ecco che sono entrati in gioco Gli Stati Uniti, rispolverando il proprio ruolo di guardia del Pacifico.



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