Un colloquio che la Santa sede ha definito “cordiale”. Ieri il presidente russo Vladimir Putin, appena giunto in Italia per una visita di due giorni, ha incontrato per la prima volta papa Francesco. Una faccia a faccia finalmente arrivato, dopo che nel settembre scorso la lettera di Bergoglio al presidente russo perché evitasse la guerra in Siria aveva sorpreso il mondo. Così, ieri – recita il comunicato – “il Presidente Putin ha espresso ringraziamento per la lettera indirizzatagli dal Santo Padre in occasione del G20 di S. Pietroburgo”.
Al centro del colloquio i temi internazionali, dal “perseguimento della pace nel Medio Oriente e alla grave situazione in Siria”, con la necessità di favorire una soluzione politica del conflitto che riconosca il ruolo fondamentale nella società delle varie “componenti etniche e religiose”. Ma al “contributo fondamentale del cristianesimo nella società” era dedicata l’attenzione anche per quanto riguarda la Russia. Un tema cui Francesco tiene molto, se è vero che, in linea coi suoi predecessori, accarezza l’idea di una possibile visita in terra russa.
Ilsussidiario.net ha raggiunto Ol’ga Sedakova, poetessa e scrittirce, docente di filologia nell’Università di Mosca, una delle figure più eminenti della cultura russa contemporanea.
Ol’ga Sedakova, cosa pensa dei temi affrontati nell’incontro?
Mi è sembrato naturale che fosse centrato sui problemi internazionali. Certo mi ha sorpreso vedere in agenda il tema del contributo del cristianesimo nella società, anche il soffermarsi sulla vita della comunità cattolica in Russia. È una novità, non credo che prima si fosse mai parlato delle comunità cattoliche.
Il cristianesimo ha ancora presa nella società russa?
Io sono cristiana e vorrei che il cristianesimo fosse il principio costitutivo della società. Ma la realtà è che la scristianizzazione avanza. Dopo così tanti anni di potere sovietico e di ateismo militante, si è formata una mentalità indifferente e nemica. La nostra gente si definisce ancora cristiana, ortodossa, ma la mentalità non è più cristiana.
Che cosa oggi può favorire una nuova coscienza del cristianesimo?
Non certo un progetto o una iniziativa dello Stato, ma solo l’iniziativa dei singoli, dei gruppi, delle comunità. Una concezione verticale del potere, come quella fatta propria dal presidente Putin, ha mostrato tutta la sua debolezza e pericolosità anche in campo religioso. Ormai solo la fraternità dei credenti può originare qualcosa di nuovo.
Cos’è la “la fraternità dei credenti”?
Una iniziativa che nasce dalla loro libertà, intesa come libertà dei singoli. Dopo di essa viene il raggrupparsi dei credenti sulla base della loro libera iniziativa.
Quella lettera di Francesco a Putin nella quale lo scongiurava di fare il possibile per la pace, ha cambiato mole cose. Cosa pensa del metodo di Francesco?
Mi sembra una consuetudine per i papi scrivere lettere esortando alla pace chi ha il monopolio della forza. Papa Francesco è stato molto saggio.
Il papa si è anche raccomandato a Putin perché pregasse per lui.
Putin potrebbe manifestare una volontà pacifica sulla Siria, ma questo dipende solo dal suo calcolo politico. Non penso infatti che sia sincero in questo. Non ho elementi per giudicare la politica estera della Russia, ma so bene che Putin non è una persona pacifica.
Davvero?
No.
Vuol dire che si è mostrato aperto verso Francesco solo per ragioni politiche?
Penso proprio di sì. Putin non ha rapporti con la gente, non ama il dialogo col suo popolo. Questo dovrebbe fare molto pensare all’estero, dove al contrario gode della fama di persona pacifica.
Anche ieri si è parlato di pace in Medio oriente e della grave situzione in Siria. Putin dovrà o no prendere sul serio la richiesta del Papa?
Forse in senso politico; in senso cristiano certamente no. Putin è pragmatico, calcolatore, e persegue gli scopi che si prefigge. Proprio per questo, per lui è un vantaggio avere il supporto del papa, che è così popolare, importante e amato.
Qual è il sentimento più diffuso in Russia verso Francesco?
Tutti lo amano. È molto amato il suo comportamento semplice, così umano e così cristiano. È come se la sua figura facesse emergere per contrasto tutto ciò che non va in Russia. La sua difesa della povertà francescana, rispetto a quello che vediamo da noi, è una semplice pazzia.
Poco tempo fa, quando Francesco ha ricevuto a Roma Hilarion, il patriarca russo Kirill incontrava a Mosca il cardinale di Milano Angelo Scola. Il dialogo tra le due chiese va avanti. Lei cosa si aspetta da questo dialogo?
Già Giovanni Paolo II ha cercato il dialogo con la Chiesa russa e non vi è riuscito. Questo dimostra tutta la difficoltà e la pazienza che ci vuole per fare un dialogo reale. Sarebbe bello se questo incontro finalmente avvenisse.
Questo dialogo è un obiettivo politico, sia pure nel senso buono del termine, o secondo lei c’è qualcosa di più profondo?
A mio modo di vedere i cristiani vogliono realmente essere in comunione profonda, ben oltre i rapporti concepiti politicamente tra i due “stati”, quello ortodosso e quello cattolico.
Ma a quale condizione il cammino verso l’unità può andare avanti?
Prima di tutto occorre non aver paura. Questo vale sopratutto dalla nostra parte. Siamo dominati dalla paura storica, diffusissima per esempio tra i preti, che i cattolici siano troppo forti e diventino padroni nel nostro Stato. Ma è una paura di origine ottocentesca. Se si vuole che il dialogo sia vero, questa paura deve prima sparire.
Lo crede possibile?
Avverrà quando si saprà, quando ci sarà più informazione. La gente non sa, non è informata su quanto avviene nella Chiesa cattolica. Solo adesso le cose stanno un po’ cambiando.
Questa tensione all’unità dove si fonda?
Nel cuore della persona, perché ogni cristiano credente in cuor suo vuol essere unito con gli altri. L’unità è un’aspirazione dell’anima, per questo è comune. Il suo ostacolo è la non conoscenza dell’altro.
Nell’incontro tra Francesco e Putin si è parlato anche di rispetto della vita umana e della famiglia. Cosa pensa in proposito?
Credo che il problema della famiglia sia una parte del problema più grande che attraversa la nostra civiltà moderna. Quando si discute solo di famiglia come si fa da noi, senza prima parlare dell’anima, si è fuori strada.
Cosa vuol dire “parlare dell’anima”?
Capire che la nostra anima vive di amore e di misericordia.
Cosa si aspetta dopo questo primo incontro tra il papa e il presidente russo?
Vorrei sperare nell’inizio di un nuovo processo di conciliazione e di pace.
Di conciliazione religiosa?
Questa è abbastanza lontana, mi sembra. Certamente papa Francesco ha il merito di volerla, e di voler continuare il cammino. Poi avrei voluto sentire che il papa e il nostro presidente hanno toccato il problema dei diritti dell’uomo.
Perché i diritti dell’uomo?
È il problema più importante per la Russia attuale. La struttura verticale del potere che ha costruito Putin non rispetta i diritti dell’uomo. Le nostre prigioni sono piene di persone private dei loro diritti.
Ma esiste la possibilità che una maggiore apertura, come quella mostrata ieri a Roma da Putin, favorisca il cambiamento?
Forse. Ma ho qualche dubbio che Putin voglia davvero queste riforme.
(Federico Ferraù)