“Le opposizioni rappresentano soltanto il 15% della popolazione siriana. Ciò vuol dire che la stragrande maggioranza dei nostri cittadini non si identifica con nessuna delle forze in campo. Europa e Stati Uniti devono difendere le istituzioni statali del nostro Paese, per consentire di attuare quelle riforme politiche che sono indispensabili per la nostra sopravvivenza”. Ad affermarlo è Maria Saadeh, una donna cristiana eletta nel parlamento di Damasco, in questi giorni in Italia per incontrare Papa Francesco. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha reso noto che il 22 gennaio prossimo il governo e l’opposizione parteciperanno ai colloqui di pace di Ginevra. Ban Ki-moon ha commentato la notizia, affermando che sarebbe “imperdonabile sprecare questa opportunità di mettere fine alla sofferenza e alla distruzione” del popolo siriano. Subito però è arrivata una brutta notizia per i colloqui. Il generale Salim Idriss, comandante dell’Esercito Siriano Libero, ha dichiarato: “Non ci sono le condizioni per tenere i colloqui di Ginevra nella data indicata. Siamo una forza militare e rivoluzionaria. Non smetteremo affatto di combattere durante e dopo la conferenza di Ginevra. Quel che ci interessa è ottenere armi per i nostri combattenti”.
Quali sono le sue aspettative nei confronti nei confronti dei colloqui di Ginevra?
Questa è la domanda che mi fanno tutti i giornalisti occidentali. Prima di rispondere, dovremmo definire quali sono gli obiettivi di Ginevra II e che cosa c’è esattamente sul tavolo. La crisi siriana è infatti composta da tre elementi. A un primo livello la crisi è interna alla Siria, riguarda cioè le violenze commesse dai gruppi armati nel Paese, chi li controlla e l’interrogativo su come si possa mettere fine alle loro azioni. Finché queste violenze continueranno, in Siria saranno impossibili i cambiamenti e le riforme. Il secondo livello è quello regionale.
Il conflitto in Siria rischia cioè di estendersi al resto del Medio Oriente?
Diciamo che ci sono numerosi Paesi che sono a loro volta minacciati dalla guerra e dall’instabilità della situazione. Ma esistono anche alcuni Stati che pagano e che sostengono i gruppi armati all’interno della Siria. Il terzo livello infine è quello internazionale relativo agli interessi tra le superpotenze. E’ fondamentale quindi che non si parli di Ginevra 2 come se fosse un confronto soltanto tra il governo e l’opposizione siriana, ma che si tenga conto di tutti e tre i livelli che ho illustrato prima. Anche perché i partiti d’opposizione non rappresentano più del 15% della popolazione siriana, e la conseguenza è che non c’è nessuno a parlare per conto dei cittadini del nostro Paese.
Lei si aspetta che la comunità internazionale assuma una posizione forte nei confronti dei gruppi jihadisti?
Sono io che vorrei farle una domanda. In due anni e mezzo, che cosa ha fatto la comunità internazionale per la popolazione siriana? Assolutamente nulla. E quindi che cosa vuole che ci aspettiamo dalla comunità internazionale? La seconda domanda che vorrei farle è che cosa intende quando parla di “comunità internazionale”.
Mi riferisco all’Onu…
Che cosa fa l’Onu per i siriani che muoiono ogni giorno, e per i bambini che anche oggi sono stati falciati dai mortai? Ancora una volta nulla. Vogliamo sapere quando potremo mettere fine al martirio della nostra nazione.
Secondo lei che cosa dovrebbero fare Europa e Stati Uniti per la Siria?
Ciò che occorre fare in Siria è garantire l’esistenza dello Stato, marcando la differenza tra l’attuale regime e le istituzioni del nostro Paese. Lo Stato è un bene per tutti i cittadini, e se dovesse dissolversi la nostra stessa presenza ed esistenza sarebbero pregiudicate.
Lei si riferisce in particolare alla presenza dei cristiani?
Sì, mi riferisco alla presenza dei cristiani, ma anche a quella dei musulmani e di tutti i cittadini siriani. Europa e Stati Uniti devono sapere che le strutture dello Stato sono indispensabili per continuare a vivere, attuare i cambiamenti e le riforme politiche e riorganizzare le priorità della nazione. In Siria è in corso una guerra senza quartiere portata avanti da wahabiti e salafiti. Se questi ultimi si impadroniranno del potere, creeranno uno Stato fondamentalista che metterà fine alla nostra esistenza.
(Pietro Vernizzi)