Tunisia ancora senza pace a quasi tre anni dall’inizio delle rivolte che hanno portato alla caduta del dittatore Zine al-Abidine Ben Alì. Nell’ultimo anno 12 soldati, otto membri della guardia nazionale e un agente di polizia sono morti durante le operazioni contro i gruppi islamici. Al punto che i sindacati delle forze dell’ordine hanno assunto un ruolo centrale nella vita politica del Paese reclamando le dimissioni del presidente Moncef Marzouki e dei funzionari dei ministeri per la loro incapacità a contrastare adeguatamente il terrorismo. A ciò si aggiunge l’instabilità del governo, con il premier Ali Laarayedh che ha annunciato le dimissioni per la metà di novembre. In attesa delle elezioni dell’inizio dell’anno prossimo, subentrerà un gabinetto composto da ministri tecnici.



Ilsussidiario.net ha intervistato Hamed Karoui, ex primo ministro tunisino dal 1989 al 1999, dopo essere stato ministro della Giustizia dal 1988 al 1989. Karoui ha deciso di ridare vita al partito desturiano sul modello di quello creato dall’ex presidente Habib Bourguiba nel 1934, e rivendica: “Prima del 14 gennaio (2011, giorno della caduta di Ben Alì, Ndr) sia pure con lacune di cui eravamo ben coscienti, nel nostro Paese vi erano libertà di espressione e pluralismo politico”.



In che modo la via del dialogo può essere perseguita per risolvere i problemi della Tunisia?

Come prima cosa, vorrei sottolineare che cercare sempre una via al dialogo è necessario per il bene della Tunisia e di tutti. Nessuno può ottenere risultati da solo, senza creare un ambiente di fiducia che permetta di raggiungere un accordo generale tra le varie parti. Penso, quindi, che l’Unione dei sindacati tunisina sia uno degli organismi più importanti a questo fine, che può assicurare un terreno di dialogo per consentire di uscire insieme dalla crisi. Tuttavia, questo non è per me sufficiente, dato che sia Ennahda che Nida De Tunisie continuano a non porre gli interessi della Tunisia al primo posto.



Il governo di Ennahda non è riuscito a dare le risposte che i tunisini si attendevano. E’ stato per una mancanza di esperienza politica o perché l’Islam politico è in quanto tale inadeguato?

Occorre innanzitutto tener conto della mancanza di esperienza e anche di mentalità nell’esercitare il potere. In aggiunta, Ennahda non si è adattata ai livelli e ai ritmi della vita dei tunisini, indirizzata alla modernità. Si può dire che la mentalità dei tunisini è più avanzata rispetto a quella della maggioranza dei leader del partito islamico. Inoltre, i conflitti di interesse tra i vari esponenti islamici ostacolano la realizzazione di un piano moderno che possa rispondere alle aspirazioni dei tunisini.

Alla fine le differenze tra Ennahda e i partiti laici saranno troppo forti per consentire di trovare un terreno comune?

Un accordo è possibile se e solo se ogni partito mette l’interesse generale prima del proprio interesse particolare, evitando ogni politica di esclusione.

Con quali obiettivi ha deciso di fondare un nuovo partito desturiano sul modello di quello creato da Habib Bourguiba nel 1934?

Lo scenario politico in Tunisia può essere sintetizzato in tre grandi famiglie politiche: gli islamisti, le sinistre e i “desturiani”. Il problema è che gli islamisti e le sinistre hanno una grande “casa” che li accoglie, mentre ciò manca ai desturiani, che si possono quasi definire come “senza fisso domicilio”. Anche il partito di El Beji Kaîd Essebsi, come quello di Kamel Morjen, non sono riusciti a metterli insieme i desturiani, che pure ne costituiscono una parte significativa.

 

Quale ruolo dovrebbe avere l’Islam nella nuova Costituzione tunisina?

Su questo punto si manifestano le divergenze con il partito islamico, che però non ha mai avuto problemi con la sua religione o identità. È necessario che la nuova Tunisia sia costruita sugli assi essenziali della democrazia e del rispetto dei diritti umani di tutti.

 

La Primavera Araba iniziata in Tunisia e propagatasi in tutto il Medio Oriente ha provocato ovunque migliaia di morti. A distanza di tre anni si può dire che sia stata un fallimento?

E’ rimasta solo la Tunisia a difendere la Primavera araba, lottando contro il terrorismo e facendo partecipare tutti i partiti, in modo responsabile, alla costruzione del nuovo Stato. A mio parere, il fallimento delle Primavere arabe è dovuto alla partecipazione ad esse di terroristi e fondamentalisti. Lei è stato primo ministro sotto la presidenza di Ben Ali.

 

Per quale motivo ritiene di poter rappresentare la nuova Tunisia democratica?

I riconoscimenti ai desturiani da parte della nazione sono molteplici: hanno resistito alla colonizzazione francese, hanno portato la Tunisia all’indipendenza nel 1956 e, poi, hanno costruito il Paese fino ai nostri giorni. Se il sistema statale e la sua amministrazione funzionano tuttora è merito loro. Sono legittimati dalla storia, perché prima del 1956 non vi era nessun Paese nel vero senso della parola e, fino al 14 gennaio 2011 (giorno della caduta di Ben Alì, Ndr), la Tunisia era un Paese moderno in crescita. Fino al 14 gennaio, sia pure con lacune di cui eravamo ben coscienti, nel nostro Paese vi era libertà di espressione e pluralismo politico. Penso che noi dobbiamo partecipare alla ricostruzione su nuove direttive del nostro Paese, apportando tutte le nostre competenze e la nostra legittimazione storica.

 

(Pietro Vernizzi)