Aria di privatizzazioni anche in Italia. Il premier Enrico Letta ha varato un piano che prevede la vendita di otto società statali: Eni, Stm, Fincantieri, Cdp Reti, Tag, Grandi stazioni, Enav, Sace. “Se gli introiti derivanti dalle privatizzazioni sono usate per ridurre il debito chiaramente l’impatto sarà positivo per l’Italia”, queste le parole di Simon O’Connor, portavoce di Olli Rehn, commissario europeo per gli Affari economici e monetari. E continua: “Accogliamo con favore questo impegno per ridurre il debito molto elevato, ma attendiamo il piano in dettaglio prima di esprimere un parere. Il ministro dell’economia Saccomanni ha precisato che sarà mantenuta una partecipazione pubblica complessiva al capitale superiore alla soglia dell’offerta pubblica di acquisto del 30%. Letta ha dichiarato che a questo primo piano ne seguirà un altro per incassare i miliardi che le casse dello Stato necessitano per portare a buon fine la governo. L’Italia, seppur le rispettive situazioni siano differenti, segue dunque la strada della Grecia, che ha già iniziato – con grandi difficoltà – il processo di privatizzazione delle società statali. Per cercare di capire meglio le dinamiche della privatizzazione avute luogo in terra Ellenica, abbiamo contattato Dimitri Deliolanes, corrispondente da Roma per la radio tv pubblica greca ERT.
Come sta andando il processo di privatizzazioni in Grecia?
È un processo che è già partito da tempo; è iniziato con la vendita del porto del Pireo – che ha poi visto la vendita di un’ulteriore banchina alla Cosco, colosso cinese che ora gestisce il porto – e adesso il governo Samaras sta trattando con la Troika per decidere come andare avanti con le privatizzazioni, già accettate da Atene, ma non ancora effettuate.
Quali sono le prossime mosse?
Che io sappia, si vuole operare sulle tre società della difesa greche. Il governo vorrebbe ridimensionarle; almeno una o due dovrebbero essere messe in vendita e ci sono già degli acquirenti interessati all’acquisto. Ma la Troika pretende assurdamente che queste società chiudano immediatamente, non curandosi dei licenziamenti degli impiegati.
Altro?
Sì, c’è un’altra privatizzazione in sospeso che riguarda le società dell’acqua di Atene e Salonicco e di altre città della Grecia.
Ma con quali criteri sono state effettuate?
Il criterio è di svendita: tutto quello che è pubblico deve diventare privato. Non c’è alcun criterio di redditività o non redditività delle aziende in questione. Abbiamo avuto l’esempio della società pubblica delle telecomunicazione – la Ote – che è stata venduta in due trance alla Deutsche Telekom, e che è una società in super attivo che contribuisce tantissimo alle casse dello Stato.
Altri casi analoghi?
La società della produzione dell’energia elettrica che è una multinazionale con investimenti in vari Paesi dei Balcani; è molto redditizia ed è sulla scia anch’essa delle privatizzazioni. È una logica di saccheggio…
Ci spieghi.
Lo dico perché l’Ote, ceduta alla Deutsche Telekok, è stata venduta sotto prezzo. Per dire, la seconda trance è stata venduta a circa un quarto del giusto valore. E all’inizio del 2010 Papandreou calcolava, insieme alla Troika, gli introiti complessivi delle privatizzazioni attorno ai 50miliardi di euro. Ora la Troika fissa il totale degli introiti a 11 miliardi. Quindi figuriamoci…
Quali sono state le richieste o le indicazioni da parte dell’Unione Europea?
Più dell’Unione Europea, è la Troika che ha detto che tutto quello che era pubblico doveva diventare privato, punto.
Il tutto ha influito negativamente su una situazione sociale già turbolenta?
Quello che sta già creando grossi problemi – e provocherà negative reazioni – è la vendita delle società della difesa. E a ciò si aggiunge l’eventuale vendita della società di produzione elettrica e quella dell’acqua, accolta malissimo. E c’è una cosa interessante…
A lei.
Il primo partito d’opposizione Syriza, la sinistra radicale, ha già annunciato che qualora dovesse vincere le elezioni ed andare al governo – cosa tra l’altro non peregrina – non riconoscerà questi contratti.
Possibile fare un parallelismo tra Grecia e Italia?
Francamente non vedo elementi in comune, se non la stessa visione ideologica che sta dietro alle indicazioni della Troika: il fatto che, ripeto, tutto quello che è pubblico deve diventare privato: una ricetta applicata con dogmatica inflessibilità. Ma la situazione greca e quella italiana è diversissima dal punto di vista economico; il peso dei due Paesi all’interno dell’area dell’euro è differente.
(Fabio Franchini)