Il triste fenomeno degli aborti selettivi, ovvero l’eliminazione mirata delle “inutili” figlie femmine prima ancora che nascano (al fine di dare alla luce solo figli maschi), non è un problema solamente cinese e indiano (dove è ancora troppo diffuso), bensì riguardante anche Paesi dei Balcani e del Caucaso. A confermare il preoccupante trend è una ricerca dell’Ined, l’Istituto nazionale francese di studi demografici, firmata da Christophe Z. Guilmoto e da Geraldine Duthe. L’analisi si basa sul caposaldo che etichetta come sospetta ogni deviazione significativa della “sex ratio”, ovvero il rapporto tra nati maschi e femmine, normalmente 105-100. Ecco, nei Paesi sopracitati, sorgere una discrepanza quanto mai sospetta: qui la “ratio” è distorta da una cultura di discriminazione sessuale prenatale. In Azerbaigian – secondo Paese mondiale dopo la Cina che ha la “sex ratio” più alta con 117.8 – ogni 100 femmine nascono 116,8 maschi. In Armenia il rapporto scende a 114,8 e in Georgia a 111,8. Poco sotto troviamo l’Albania con 111,7, la Macedonia (110,9), il Montenegro (109,8) e il Kosovo (109,7). In Vietnam è 111.2 e in India 110.5. Si registra dunque una sensibile “mascolinizzazione’” delle nascite dovuta alla radicata preferenza, in certe zone dell’Europa, verso i figli maschi in certe aree dell’Europa dell’est e caucasica. Insomma, una discriminazione inumana; la piaga degli aborti selettivi non è certo recente: da decenni si cerca di combattere questa retrograda mentalità che però trova terreno fertile nelle suddette regioni europee



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