È Ban Ki-Moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, a darne l’annuncio: l’Onu ha pubblicato il rapporto ufficiale finale sull’uso delle armi chimiche in Siria. L’utilizzo viene confermato, ma non viene specificato chi ne abbia fatto uso, il che, oggettivamente, è singolare, visto per di più il rischio che si è corso di un intervento militare congiunto (americano, inglese e francese) in terra siriana. Queste le parole del Segretario Generale. “Prendo atto con profonda preoccupazione che gli esperti Onu hanno raccolto prove e informazioni che confermano l’uso di armi chimiche in diverse occasioni e in più siti contro civili e contro obiettivi militari”. Il limite massimo dei gas era stato sforato, ma adesso non viene riportato da chi. Ma si sa certamente che in (almeno) tre occasioni i “ribelli” hanno usato armi chimiche contro i soldati e i civili. Fu il caso di Khan al-Asal nel marzo 2013, (cittadina vicina ad Aleppo) dove si contarono 25 morti fra civili e soldati, e il ferimento di altri 110, a marzo 2013; e quello di  Jobar e di Ashrafiah Sahnaya ad agosto. A denunciare il tutto ci aveva pensato una suora, madre Marie-Agnes de la Croix, alla quale è stato impedito di partecipare al convegno contro la guerra in Siria svoltosi a Londra alla fine di novembre. Il motivo? Avrebbe potuto raccontare delle verità scomode per Washington e Londra (oltre che per i media anglosassoni) pregiudizialmente anti Damasco e allineati con la politica delle monarchie del petrolio e dei loro alleati occidentali.  



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