Il dibattito sull’indipendenza della Catalogna continua a dominare le principali tribune di tutti i quotidiani spagnoli. Una regione che è già riuscita a strappare al governo centrale ampie autonomie e che ora ha preso la decisone di portare alle urne i propri cittadini per creare un vero e proprio stato. I partiti del consiglio esecutivo catalano hanno già stipulato le due domande da sottoporre agli elettori il 9 novembre del 2014: “Desidera che la Catalogna diventi uno Stato? Vuole che sia uno stato indipendente?” Il presidente del consiglio spagnolo Mariano Rajoy ha dichiarato che le azioni intraprese dagli indipendentisti sono incostituzionali, ma il movimento non ha nessuna intenzione di cedere il passo alle rivendicazioni del governo. Un braccio di ferro in cui nessuna delle due parti ha intenzione di mollare la presa tanto facilmente. “L’opinione media catalana ritiene di dovere mantenere il resto del paese, anche se in realtà questa è l’apparenza: la Spagna rappresenta un mercato privilegiato per l’industria catalana. Sarà una scelta che porterà dei vantaggi ma anche delle perdite. La differenza etnica e linguistica è il principale motivo di fierezza di questo popolo”, ha dichiarato l’esperto in autonomie locali Massimo Costa, intervistato in esclusiva per ilsussidiario.net.



Rajoy ha dichiarato che un’eventuale consulta sarebbe incostituzionale. Perché?

Dal punto di vista di ogni stato sovrano, qualunque consultazione che miri alla rottura dell’unità politica del paese è sempre incostituzionale. Rajoy ha formalmente ragione nel senso che l’indipendenza non è prevista dall’ordinamento. Ci sono dei momenti di rottura istituzionale, però, in cui la legittimità va cercata nel principio dell’autodeterminazione dei popoli proprio del diritto internazionale, che alla fine prevale sugli ordinamenti singoli nazionali.



La consulta è il mezzo tramite il quale i partiti catalani vogliono raggiungere l’indipendenza. In cosa consiste?

Il governo catalano propende per un referendum consultivo che non produce immediatamente l’effetto della separazione, ma ha il valore di sapere che cosa ne pensano i cittadini catalani sull’indipendenza. Attenzione: credo comunque che quando un referendum sia imposto a tutta la cittadinanza, la volontà della maggioranza diventa legge.

I partiti catalani stanno elaborando una “doppia domanda” che sarà presentata ai cittadini in occasione del referendum. Come funziona?



La seconda è subordinata alla prima. Se si accetta che la Catalogna diventi uno Stato, non è detto che questo sia indipendente. Si sta prefigurando anche la possibilità di mantenere un’unione di tipo confederale con la Spagna. Potrebbe anche essere riconosciuta la dignità di Stato e quindi possono essere trovate diverse forme di unione. La seconda domanda chiede se si vogliono recidere i legami con il Regno di Spagna per diventare un’entità assolutamente autonoma.

Nel caso diventi uno stato confederato cosa cambierebbe dall’attuale autonomia regionale?

Dal punto di vista formale cambia poco poiché la Catalogna ha già un’autonomia superiore a quelle di molti altri stati federati in altri paesi. L’autonomia è stata l’ultimo statuto concesso, e in passato ha incontrato degli ostacoli presso la Corte Costituzionale laddove si parlava di “nazione catalana”. La formula dello Stato confederato, quindi, ha più un significato politico-morale.

 

osa ne pensa l’opinione pubblica spagnola di un’eventuale indipendenza della Catalogna?

 Regna una grande contrarietà nelle altre regioni autonome dove, al contrario, il sentimento unitario spagnolo è molto forte. Nel caso la Catalogna dovesse ottenere l’indipendenza, si escludono reazioni a catena. L’opinione pubblica pensa che la Spagna, in tal caso, potrebbe essere degradata a Stato di serie B e che la Catalogna diventerebbe uno “staterello” irrilevante, anziché la regione di traino di un paese europeo.

 

Van Rompoy ha dichiarato che i trattati Ue non si applicheranno al neo nato stato. Quali scenari si aprono?

Non ne sa niente nessuno, non era mai successo che uno Stato si staccasse dall’Unione europea per indipendenza. Ognuno dice la sua. Potrebbe prevalere la trattativa o una clausola di salvaguardia per la quale continueranno a valere temporaneamente le norme europee: pende ancora un interrogativo a riguardo. Questo nuovo stato dovrà sedersi a un tavolo con l’Unione europea e negoziare una sua appartenenza. È un fatto che non è neanche regolamentato dai trattati.

 

Secondo lei si arriverà alla consulta prevista per il 9 novembre 2014 nonostante le minacce di Rajoy?

Tutto è possibile, ma credo che impedirla sarebbe ancora più destabilizzante. Secondo me è un tentativo goffo di mantenere un’unità politica che ormai sta per cedere. Penso che anche la soluzione intermedia sia l’anticamera dell’indipendenza. Le confederazioni sono molto fragili, abbiamo visto negli anni 90’ quella formata da Serbia e Montenegro che è durata solo due anni. Il sentimento autonomista è molte forte e credo che ormai sia un processo inarrestabile.

 

(Mattia Baglioni)