I ministri turchi finiti nello scandalo tangenti sono ancora tutti al loro posto, mentre 14 funzionari di polizia che stavano lavorando all’inchiesta sono stati licenziati in tronco. Nelle abitazioni dei figli dei ministri degli Interni, dell’Economia e dell’Ambiente, nonché del direttore generale della Banca del Popolo, sono stati trovati 17 milioni e 500mila euro in contanti. Le accuse sono di corruzione, riciclaggio di denaro, frode fiscale e abuso di potere. Eppure anziché dimettersi i ministri, sono iniziate a cadere le teste dei coraggiosi funzionari di polizia che hanno osato aprire un’inchiesta sullo stesso figlio del ministro Muammer Guler, responsabile delle forze dell’ordine in tutto il Paese. Ilsussidiario.net ha intervistato Selin Sanli, corrispondente della tv di Stato turca TRT.



Che cosa c’è dietro questo scandalo che colpisce alcuni esponenti chiave del governo turco?

E’ la dimostrazione del fatto che chi sta al governo ne sta approfittando per arricchirsi. Sono stati rinvenuti in totale 17 milioni e 500mila euro in contanti nelle case dei figli di tre ministri, nonché nell’abitazione del direttore generale della Banca del Popolo. Mi domando con quale giustificazione si possa tenere nel proprio appartamento delle cifre in contanti così ingenti. Il direttore generale della Banca ha poi spiegato di avere preso queste somme da un uomo d’affari, perché volevano aprire un’università in Macedonia con scopi di beneficenza.



Come valuta questa spiegazione?

Gli esponenti del governo sono sempre bravissimi a trovare delle giustificazioni, anche se in questo caso sarà impossibile per loro essere convincenti. Hanno perso tutti la faccia, eppure non si dimette nessuno. Un tempo in Giappone quando i conti non tornavano, qualcuno nel governo si suicidava o quantomeno si dimetteva. Non solo i ministri coinvolti, ma anche lo stesso governo turco dovrebbe dimettersi, eppure non lo fa.

Dietro questo scandalo c’è anche una lotta di potere?

Sì, è in corso una guerra tra il governo e Fetullah Gulen, un leader islamico che si trova in America e che ha avuto un ruolo decisivo nel fare venire alla luce lo scandalo. Voci in Turchia dicono che siano stati funzionari di polizia legati allo stesso Gulen ad avere dato l’avvio a queste indagini in corso ormai da 14 mesi. I reati contestati sono molto gravi: corruzione, riciclaggio di denaro, frode fiscale e abuso di potere. Non ci sarebbe nulla da aggiungere, eppure nessuno si dimette, ma rispondono alle accuse a testa alta e restano al loro posto come se fosse un gioco.



Com’è in questo momento il clima in Turchia?

La gente si sente presa in giro, tanto che mentre stiamo parlando nelle grandi città della Turchia, a partire da Istanbul, sono in corso manifestazioni simili a quelle di Gezi Park dell’estate scorsa. L’obiettivo è contestare il governo e fare dimettere i ministri coinvolti nello scandalo. Eppure al momento della sua partenza per il Pakistan, Erdogan ha salutato il popolo, affermando che vincerà sempre in quanto si tratta soltanto di accuse infondate.

 

Come andrà a finire questa vicenda?

Tra Gulen ed Erdogan è in corso una guerra a parole, l’inchiesta nel frattempo è ancora in corso e vede coinvolti i nomi di circa 100 persone. Si vedrà che cosa accadrà, anche se la mia sensazione è che di qui a un paio di mesi tutti gli indagati usciranno più “puliti” di prima. Erdogan ha dichiarato: “Alcuni ambasciatori sono impegnati in azioni di provocazione”.

 

Lei che cosa ne pensa di questa affermazione?

Erdogan non ha paura di nessuno e qualsiasi cosa accada, sostiene sempre di avere ragione. A essere coinvolti nello scandalo sono i figli dei ministri degli Interni, dell’Economia e dell’Ambiente. Di fronte a un fatto così grave il governo fa quadrato ed Erdogan difende i suoi ministri. Tutto ciò che fa e dice Erdogan in Turchia è legge, non si riesce a contrapporsi a lui neanche quando si ha ragione.

 

(Pietro Vernizzi)