La Turchia è sull’orlo dell’abisso e pochi in Europa sembrano accorgersene. La Repubblica fondata da Ataturk è alle prese con un momento storico alquanto complicato che potrebbe lasciare spazio ad eventi drammatici. Gli ultimi eventi, quali le dimissioni di Ministri e il rimpasto di Governo, con la contestuale richiesta da parte della “piazza” di abbandono del Primo Ministro Erdogan, stanno portando il Paese verso un baratro. Un baratro che non è facile immaginare quanto possa essere profondo. Partiamo dai fatti. A fine maggio le proteste partite dalla miccia di Gezi Park e la richiesta di non abbattere un parco cittadino si sono propagate a gran parte della società civile. La Turchia, in realtà, si stava ribellando al Premier Erdogan che stava andando in una direzione preoccupante, lontano dagli ideali di Repubblica Laica che il fondatore Ataturk Kemal aveva introdotto nel 1923. Una protesta forse scomposta, ma che derivava anche da problemi economici. L’economia che non correva più come un tempo. Da Giugno ad oggi la Lira turca ha visto una svalutazione di circa il 20 per cento nei confronti dell’Euro e la bilancia commerciale è in forte sofferenza. Il boom immobiliare rischia di fare esplodere una bolla dell’edilizia, gonfiata anche da massicci investimenti pubblici. Una situazione economica alquanto preoccupante che si allaccia ad una situazione sociale sempre più tesa. La protesta di giugno è stata una prima avvisaglia che la società turca non vuole regredire verso valori lontani da quelli introdotti da Ataturk, ma aveva anche dato un’avvisaglia al premier Erdogan che libertà ed economia non possono essere due variabili staccate tra di loro. Gli ultimi scandali hanno ravvivato il fuoco della protesta. Diversi figli di Ministri, e forse anche il figlio dello stesso Erdogan, avrebbero ricevuto delle mazzette. Non a caso, è stata rinominata la “Tangentopoli” turca. Non solo i politici sono coinvolti, ma anche vertici di banche a controllo pubblico. La corruzione non è una novità in Turchia, ma questa volta è stato scoperchiato il vertice del Partito di Erdogan, “Sviluppo e Libertà”. Il procuratore che ha aperto questa indagine (vi sono anche video che dimostrano lo scambio di mazzette dentro scatole di scarpe), ha fatto una prima ondata di arresti. Questa ondata di arresti ha avuto un effetto a catena. Tre Ministri si sono dovuti dimettere, poiché i loro figli erano coinvolti ed immediatamente il Primo Ministro Erdogan ha fatto un rimpasto di Governo, cambiando dieci dei ventuno ministri. Un’ondata di protesta è scoppiata ad Istanbul, sia nel quartiere asiatico di Kadikoy che nell’europea Besiktas. Il procuratore successivamente avrebbe inoltre lanciato una seconda ondata di arresti (si vociferava anche il nome del figlio dello stesso Erdogan), ma i vertici della polizia si sarebbero rifiutati di eseguire l’ordine. Un fatto che sarebbe gravissimo, se confermato, per le istituzioni turche. Anche perché alla porta rimane l’esercito turco, che storicamente ha avuto una rilevanza di primordine nella stabilità o meno del Paese.



Erdogan ha risposto in maniera scomposta a questa ondata di arresti, denunciando che è in atto un golpe di stato e dando la colpa a “nemici esterni”. In realtà il nemico di Erdogan sembra essere interno al suo stesso partito, che per circa un decennio è stato al potere. Il presidente Gul, a lungo braccio destro di Erdogan, sembra avere abbandonato il leader che ha portato gli islamici moderati al potere. Le proteste ora sono fortissime e lo scontro ancora più grave perché l’instabilità economica rischia di accompagnare quella politica. Un mix esplosivo che nei prossimi giorni verrà seguito direttamente da “Il Sussidiario” da Istanbul.

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