Il governo di Washington, in occasione delle elezioni legislative in Egitto del 2012, prima appoggia la Fratellanza musulmana sostenendo la candidatura a presidente di Mohamed Morsi, mostrando di preferire la presunta stabilità che un governo islamico avrebbe potuto assicurare al Paese piuttosto che dare credito alle proteste dell’opposizione laica. Poi contribuisce, anche se non ufficialmente, alla sua deposizione, avvenuta a luglio scorso per mano dell’esercito.



Una débâcle nella politica estera della Casa Bianca che, dopo Mubarak, ha già invertito più volte la rotta gettando le basi per un dialogo con i Fratelli musulmani, movimento un tempo considerato inconciliabile con gli interessi degli Stati Uniti.

L’ultima volta venerdì quando, in risposta all’attentato del 24 dicembre compiuto contro una centrale di polizia a Mansoura, che ha provocato la morte di 16 persone e il ferimento di altre 100, il governo dei militari ha dichiarato la Fratellanza un’organizzazione terroristica.



Ienri il segretario di Stato John Kerry ha infatti espresso al suo omologo egiziano, Nabil Fahmy, la propria preoccupazione per la decisione di inserire il movimento islamico radicale nella lista nera.

Un’apprensione giustificata per gli sviluppi connessi alla proliferazione dei gruppi terroristici nel mutato contesto internazionale. I Fratelli musulmani infatti sono la principale cellula terroristica islamica con ramificazioni a livello internazionale, tra cui il Fronte al-Nusra in Siria, la Gama’a al-Islamiyya in Algeria, Al-Shabaab in Sudan e in Somalia, Boko Haram in Nigeria e nell’Africa subsahariana. Sul fronte del jihadismo, con il crollo di regimi che ne garantivano un contenimento efficace, nuovi gruppi hanno potuto affacciarsi e radicarsi sulle sponde del Mediterraneo dando vita ad una fase di forte instabilità politica in Nord Africa e in Medio Oriente.



Una deriva qaedista i cui attentati hanno evidenziato una pericolosa contiguità con i Fratelli Musulmani.

Ma il terrorismo non è un fatto di convenienza.

Fino al 2005 infatti i Fratelli musulmani erano nella lista dei gruppi terroristi di Stati Uniti ed Europa e in seguito sono stati misteriosamente riabilitati. Ora sono tornati nella lista in Egitto perché i loro atti e i loro comportamenti sono considerati propri dei movimenti terroristi.

Perfino la Gama’a al-Islamiyya, una delle organizzazioni jihadiste più sanguinarie, responsabile negli anni 90 dell’uccisione di oltre 380mila persone, è stata reintegrata.

Come ha giustamente sottolineato il generale Abdel Fattah al-Sisi, capo dell’esercito egiziano, il popolo vorrebbe riportare il Paese alla stabilità ma la stabilità non può essere un obiettivo concreto quando i terroristi giocano un ruolo fondamentale in casa propria.

D’altra parte l’America stessa dopo l’11 settembre ha dato una risposta forte al terrorismo “domestico” rinchiudendo tutti i filo-Fratelli nella struttura detentiva di Guantanamo, che continua a restare aperta nonostante le promesse fatte dal presidente Obama in campagna elettorale di chiuderla e trasferire i prigionieri.

Le attuali strategie di cui l’intelligence statunitense si avvale per contrastare il terrorismo a livello globale sembrano destinate a non dare i frutti sperati.

Il ministero dell’Istruzione egiziano, intanto, ha fatto sapere che inserirà i Fratelli musulmani come gruppo terroristico nei manuali scolastici a partire dall’anno prossimo specificandone anche il motivo, come prevede il decreto del premier Hazem Bablawi.

Malgrado la soluzione sia ancora lontana, questo sembra essere un buon inizio.