La disoccupazione in Francia nel mese di ottobre ha toccato il record dal 1997. Il quotidiano parigino Le Figaro ha pubblicato una serie di dati che contraddicono l’ottimismo del presidente Francois Hollande, documentando che le persone senza lavoro hanno raggiunto il 10,5%. Sempre di più quanti si ritrovano a lavorare in nero. Se nel 2008 solo il 13% dei dipendenti transalpini era impiegato illegalmente, dalle ultime statistiche Audit O2 diffuse a novembre emerge che un terzo dei francesi lavora o ha lavorato in nero.
Per comprendere le ragioni di questo fenomeno abbiamo intervistato Edoardo Secchi, Presidente fondatore di Italie-France Group. Fondata a Parigi nel 1993, la società è leader nello sviluppo economico e nella cooperazione tra l’Italia e la Francia. Specializzato nello sviluppo d’imprese in Francia e Italia Italie-France Group opera per conto di grandi gruppi internazionali, occupandosi della fase di start-up di imprese italiane in Francia e viceversa. L’idea alla base dell’Italie-France Group è convinta che l’integrazione culturale e la cooperazione reciproca sia cruciale tanto per l’Italia quanto per la Francia in particolare per uscire dalla crisi economica.
Che cose c’è all’origine del fatto che la disoccupazione in Francia continua a crescere?
Francia e Italia sono i due Paesi Ue più penalizzati per quanto riguarda l’attrattività delle imprese. L’elevata tassazione ha come conseguenza l’incapacità delle aziende estere di creare sviluppo su questi due mercati. Per quanto riguarda la Francia, il motivo è in parte che il suo sistema di welfare per decenni ha dato a tutti indistintamente. Oggi questo modello incomincia a mostrare dei punti di debolezza anche molto gravi, facendo esplodere il deficit pubblico.
Per quali motivi il welfare francese non funziona più?
La Francia seppur sia stata per decenni il pase modello per il sistema sociale non riesce più a sostenersi con la sola crescita dovuta alla consumazione interna. Troppa spesa pubblica e troppe poche le persone attive rispetto a quelle che beneficiano degli armottizzatori sociali. Abbiamo tre situazioni che vanno sottolineate: da un lato abbiamo il fenomeno degli “ Sagisti a vita “ o nuovi precari, che lavorano part time e per periodi molto brevi a condizioni minime che non consentono ai giovani di rendersi indipendenti. Abbiamo poi il caso di persone che approfittano del sistema di aiuti previsti. Ammortizzatori sociali indubbiamente indispensabili nell’immediato ma che si sono poi rilevati un limite nella ricerca di nuovi lavori. Infine segnaliamo che neanche l’uscita dalle migliori scuole francesi, garantisca oramai una carriera sicura. Da qui notiamo che anche i giovani hanno iniziato ad emigrare. Parlando delle imprese infine, dal punto di vista della tassazione, secondo studio annuale «Paying taxes 2014» pubblicato dalla Banca mondiale e lo studio PwC que compara i regimi fiscali di 189 paesi, la France mostra un tasso d’imposizione globale del 64,7% sul risultato commerciale delle PMI, ossia l’excédent brut d’exploitation (EBE) prima delle imposte. In Italie, arriva al 65,7%. Per darle un esempio. La media mondiale è del 43,1%. Quella europea è del 41,1%. Questi parametri ci dicono che i margini di manovra in realtà sono possibili solo ed unicamente abbassando la pressione fiscale sulle imprese. Imprese che non sono in condizione di poter sostenere anche i costi di assunzione e contributi sociali.
Come si spiega nel frattempo l’esplosione del lavoro nero?
La difficoltà a trovare un lavoro, o comunque il fatto che la maggior parte dell’offerta riguardi mansioni poco qualificate, spinge le persone ad accettare remunerazioni sempre più basse e talvolta anche in nero. Il lavoro sommerso è un rischio, tanto per l’impresa quanto per il dipendente, ma per quanto sia triste dirlo spesso ci si trova senza alternative. Quella del lavoro nero è sempre più una spirale nella quale si trova avvolto l’intero sistema. Il guadagno immediato “al nero “ diventa un incentivo più forte della stessa pena detentiva prevista in Francia.
Per quale motivo il sistema welfare/lavoro in Francia si è inceppato?
In Francia esistono situazioni tali per cui un dipendente può lavorare per un anno e poi godere degli aiuti statali per i disoccupati. Spesso restare disoccupato è più conveniente economicamente che lavorare, e di fronte a questa alternativa in molti rinunciano a cercare un’occupazione. Più in generale, a incombere sul sistema del lavoro in Francia è il costo sul lavoro ( come in Italia del resto).
L’orario francese ridotto a 35 ore ha peggiorato questa situazione?
In Italia abbiamo sempre lavorato 39-42 ore, eppure ci troviamo ad avere problemi simili alla Francia. A decidere la produttività di un Paese non sono le cinque ore di differenza, bensì come le si impiega.
Anche in Francia la ripresa continua a essere lontana?
La Francia è un grande Paese, rappresenta la quinta economia mondiale, ha un assetto economico-finanziario molto forte e il suo ruolo politico è di primo piano in Europa. È evidente che come è successo per l’Italia, anche la Francia stia soffrendo in maniera molto forte la crisi. È una crisi di carattere politico che non finanziario. I politici si sa, fanno tutto per vincere essere rieletti ma meno quello che occorre al Paese. In Italia abbiamo già vissuto con Monti questa esperienza: ha pagato in prima persona per aver preso scelte che andavano prese e per le quali i politi si sono ben riguardati di non realizzarle per paura di non esser più rieletti. Saranno in grado in Francia come in Italia i politici di realizzare le riforme indispensabili alla crescita? Saranno capaci di operare scelte difficili ma fondamentali per l’uscita dalla crisi ? Ci sarà una giusta ripartizione delle risorse ed una vera liberalizzazione di alcune professioni / settori che permettano a chiunque di poter “fare impresa “? Non ho mai pensato e non credo che l’austerità imposta Troika sia la soluzione per questi due paesi.
(Pietro Vernizzi)