Siamo tutti senza una lira. Che siano euro o dollari (e che le lire non esistano più) non cambia la questione. Sarà vero? Pare di sì. Pare. Quando i soldi si tenevano sotto il materasso ci voleva poco a contarli. Adesso le cose sono un po’ più complicate tra la miriade di forme di investimento che fanno dei nostri risparmi un giorno un patrimonio ragguardevole e il successivo quanto basterebbe a comprare una pacca di fava o poco più.



Le municipalità americane non fanno differenza. Detroit è sull’orlo della bancarotta e nei giorni scorsi Chicago ha manifestato l’intenzione di dare un serio taglio ai benefit dei propri dipendenti. In altre parole, una bella sforbiciata alle pensioni dei lavoratori pubblici, coloro che in America hanno sempre vantato un trattamento privilegiato rispetto a tutto il resto del paese. Chicago non è disastrata come Detroit, ma proprio per non diventarlo ha deciso di fare come hanno appena fatto Detroit e l’Illinois (lo Stato in cui Chicago si trova).



Sembra impossibile, ma sta succedendo, e i giudici chiamati a deliberare in merito alla legittimità di queste scelte sembrano non aver dubbi: salvare quel che va  salvato (le città) sacrificando quel che va sacrificato (i diritti acquisiti dei dipendenti pubblici). Ovviamente c’è una battaglia legale in corso, ma l’esito sembra scontato perché i soldi non ci sono. Le Unions (i sindacati, generalmente deboli negli States, ma molto forti nel settore pubblico) ce la stanno mettendo tutta, ma, come detto, i soldi per mandare avanti la baracca non ci sono proprio. 

Cosa può fare una città per far fronte ai debiti? Non può che tagliare sui servizi, aumentare le tasse. Ma se si fa così… la gente se ne va! L’estrema ratio è attaccare i diritti acquisiti, quelle pensioni che pesano come macigni sulle casse pubbliche. 



La parabola di Detroit è impressionante. La capitale dell’industria automobilistica Americana, il “birthplace” della Motown, si ritrova con 680,000 abitanti, il 63% in meno rispetto al milione e novecentomila del 1950, il 40% dell’illuminazione pubblica fuori uso, due ambulanze su tre che non vanno, 78,000 edifici abbandonati, la metà dei parchi chiusi, il tasso di criminalità più alto del paese (la polizia risolve il 9% dei casi). Il tutto con un debito stimato tra i 18 ed i 20 miliardi di dollari.

A Detroit non ci vado da un pezzo, ma sembra l’immagine dell’antica Roma del VI secolo ai tempi della guerra Gotica o della New York degli anni ’70, quando in un ventennio più di un milione di persone abbandonarono la metropoli e Central Park (che è grande quanto il Principato di Monaco) se ne stette abbandonato a se stesso per quasi dieci anni diventando una giungla degna del libro di Kipling.

Pare proprio che il “debito pubblico” – che amiamo considerare una cosa che riguarda altri –  faccia male davvero. Un po’ come il colesterolo: sappiamo tutti che è pericoloso, ma siccome non si sente possiamo permetterci di ignorarlo. Finché non succede qualcosa di serio. A quel punto siamo nei guai.

Probabilmente per troppo tempo abbiamo vissuto tutti al di sopra delle nostre possibilità. Nessuno vuole crederci, soprattutto a Detroit di questi tempi, ma pare proprio che sia così.