Sono trascorsi due anni dalla fine del regime di Hosni Mubarak. Due anni da quel grido che nel 2011, lanciato da migliaia di persone scese a protestare in piazza Tahrir, chiedeva “pane, libertà e giustizia sociale”. Eppure, a poco più di sei mesi dall’insediamento del primo presidente eletto democraticamente in Egitto, Mohamed Morsi, non c’è ancora traccia di quella transizione democratica che tutti speravano. Gli ultimi violenti scontri in Egitto hanno già ucciso più di 60 persone e coinvolto diverse città. Ieri mattina numerosi manifestanti hanno bloccato l’accesso al Mogamma, il grande complesso amministrativo su piazza Tahrir al Cairo, per chiedere le dimissioni del governo e una nuova Costituzione. Il grande striscione, issato davanti all’edificio, recitava: “Il Mogamma è chiuso per ordine dei rivoluzionari”. Le forze di sicurezza egiziane, durante le proteste contro il presidente Morsi e i Fratelli Musulmani che si sono svolte ieri in diverse città del Paese, hanno arrestato 93 persone: 8 di queste sono finite in manette nella capitale, 31 ad Alessandria, 50 a Gharbia e 4 a Tanta. Inoltre, dopo il Pakistan, anche l’Egitto dichiara guerra a YouTube, il canale video più importante al mondo. Il tribunale amministrativo del Cairo, infatti, ha da poco emesso una sentenza nella quale viene chiesto al governo egiziano di bloccare l’accesso a YouTube per almeno un mese. Al centro della decisione vi è ancora una volta il trailer del film sul profeta Maometto “The Innocence of Muslims”, considerato blasfemo dagli islamici, un film realizzato per “distorcere le immagini dell’islam e del profeta nelle teste dei bambini”. La stessa pellicola che nell’autunno scorso ha causato scontri in decine di territori e portato all’uccisione di oltre 50 persone: ricordiamo inoltre che, dopo il via libera del gran muftì, la Corte d’assise del Cairo ha confermato la condanna a morte per sette egiziani copti residenti negli Stati Uniti, colpevoli di aver preso parte alla realizzazione del film “L’innocenza di Maometto” che ha scatenato sanguinosi scontri nel mondo arabo a settembre. La Corte ha inoltre condannato a cinque anni il reverendo Usa Terry Jones.
Nel settembre scorso era stato invece il Pakistan a bloccare l’accesso a YouTube, sempre per lo stesso motivo, vale a dire la presenza del trailer sul profeta Maometto.