Una manifestazione pacifica e non particolarmente affollata è sfilata per le strade del Cairo in occasione del secondo anniversario della caduta dell’ex presidente, Hosni Mubarak. A organizzarla tredici partiti e movimenti politici egiziani, i cui sostenitori hanno espresso a gran voce il loro rifiuto delle misure repressive adottate dal governo guidato dagli islamisti. Per l’opposizione, i Fratelli musulmani starebbero cercando di schiacciare la rivoluzione. Una piccola minoranza dei manifestanti si è però scontrata con la polizia di fronte al Palazzo Presidenziale nel Distretto di Eliopolis. Ilsussidiario.net ha intervistato Mustapha Kamel Al Sayyid, professore di Scienze politiche all’American University del Cairo.



Che cosa è cambiato a due anni dalla caduta di Mubarak?

Oggi gli egiziani godono di una maggiore libertà di associazione, in particolare per quanto riguarda la creazione di nuovi partiti. Abbiamo circa 70 gruppi politici e una maggiore libertà di espressione. Sono caduti i tabù per quanto riguarda la discussione delle questioni di interesse pubblico, e anche la satira nei confronti del presidente è permessa. Per non parlare della libertà di riunirsi liberamente: è molto più facile organizzarsi con marce e dimostrazioni, anche senza il permesso da parte delle forze dell’ordine.



Che cosa invece è rimasto identico a quando c’era Mubarak?

Ciò che non è cambiato è il predominio di un unico partito nella vita politica del Paese. Il Partito Nazional Democratico di Mubarak controllava il governo, le istituzioni locali e dominava i media ufficiali. Ora lo stesso ruolo è passato nelle mani del Partito Giustizia e Libertà legato ai Fratelli musulmani, che ha buona parte dei ministri, nomina i direttori responsabili dei quotidiani e controlla le radio e le televisioni. A non essere cambiate inoltre sono le modalità di governo, con le massime cariche a partire da Morsi che non rispondono direttamente all’opinione pubblica. Nonostante alcuni monopoli dell’era Mubarak siano stati aboliti, la situazione dell’economia è di gran lunga peggiore rispetto al passato.



La responsabilità è del governo o delle continue manifestazioni che provocano una mancanza di stabilità nel Paese?

La mancanza di stabilità nel Paese è causata proprio dall’inazione del governo. I principali problemi dell’economia egiziana sono di natura politica, e derivano dalla mancanza di un accordo sulla nuova Costituzione e sulla legge elettorale. E’ responsabilità del capo di Stato cercare di ricomporre le differenze di veduta.

 

Morsi è in carica da meno di otto mesi. E’ un periodo abbastanza lungo per rilanciare l’economia del Paese?

Il problema di Morsi è che non si rende conto della gravità della situazione economica, altrimenti avrebbe compiuto tutte le mosse politiche necessarie per ripristinare la stabilità nazionale e consentire all’economia di operare normalmente. La vera priorità però è ripristinare la stabilità politica per permettere all’economia di ritornare alla normalità.

 

Quali sono i passi che Morsi avrebbe dovuto compiere subito dopo la sua elezione?

Gli aiuti offerti all’Egitto dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti e da altre istituzioni finanziarie internazionali sono vincolati agli accordi tra l’Egitto e il Fondo Monetario Internazionale. Questi accordi dovrebbero però essere approvati dai maggiori partiti politici nel Paese, favorendo la riconciliazione nazionale e la costruzione del consenso. Quest’ultimo è una precondizione per l’accordo con l’Fmi, che consentirebbe a un afflusso di maggiori risorse esterne verso l’Egitto.

 

La riconciliazione richiede gli sforzi anche dell’opposizione, che però continua a manifestare rifiutandosi di scendere a compromessi …

Tra l’opposizione e il partito di Morsi non ci sarà possibilità di riconciliazione finché alcune delle legittime domande della società civile sono respinte con forza. L’opposizione vorrebbe introdurre dei cambiamenti nella Costituzione, un adeguamento dello statuto dei Fratelli musulmani rispetto alle norme vigenti e la nomina del nuovo procuratore generale da parte del Consiglio supremo della magistratura anziché per decisione dello stesso Morsi. Il presidente però fa orecchie da mercante.

 

Che cosa deve fare quindi l’opposizione?

Deve consolidare i suoi legami con i manifestanti, cercare di mettere radici nelle zone rurali e nelle piccole città e convincere un numero più vasto di egiziani a unirsi ai loro partiti e a sostenerli attivamente.

 

(Pietro Vernizzi)