Il tasso di disoccupazione in Grecia nel novembre scorso ha toccato il 27%, contro il 26,6% di ottobre 2012. E’ quanto emerge dalle ultime rilevazioni pubblicate da Elstat, l’istituto di statistica ellenico. Intanto per le strade di alcuni quartieri di Atene si registrano scene da Dopoguerra nella distribuzione di alimenti e aiuti. Ilsussidiario.net ha intervistato il giornalista greco Teodoro Andreadis Synghellakis.
Fino a che punto i dati Elstat esprimono la reale situazione della Grecia?
La situazione è critica e continua a essere caratterizzata da probabili nuovi tagli di redditi e pensioni e una probabile nuova riduzione dello stipendio base all’inizio del 2014. Se non si esce in qualche modo dal circolo vizioso imposto dai lacci del Fmi e dell’Ue, ricontrattando gli accordi, la realtà economica e sociale del nostro Paese peggiorerà sempre di più.
Che cosa avviene nei centri greci che distribuiscono aiuti e alimenti?
La situazione cambia molto in base al quartiere di Atene, ma ci sono persone con gravi difficoltà ad arrivare a fine mese. Ci sono state distribuzioni gratuite di alimenti, con gente che ha dato l’assalto. Penso che se si distribuissero alimenti gratuiti in una periferia di Roma, succederebbero cose simili. Anche se, a differenza dell’Italia, la Grecia ha dovuto subire un Memorandum of Understanding che, come rivelato di recente, si è basato su calcoli sbagliati dello stesso Fondo Monetario Internazionale riguardo al moltiplicatore di crescita. Ora l’Ue non vuole prendersi la responsabilità di chiedere una revisione di questi piani mal impostati.
E’ vero che molte famiglie greche restituiscono la targa della macchina per non pagare le tasse automobilistiche?
Sì, ci sono state restituzioni di targhe, specialmente di macchine di grossa cilindrata, per non pagare il bollo, e ci sono difficoltà anche quest’anno per il gasolio da riscaldamento. D’altra parte c’è gente che spende tre euro per potere uscire la sera, bere qualcosa, cercare di non darsi per vinta e di non morire di depressione, ma questo non vuol dire che le cose vadano bene. Il popolo greco sta dimostrando comunque una grande forza d’animo e si spera in una luce all’orizzonte.
Vuole dirci come sta cambiando la quotidianità in Grecia nelle ultime settimane?
A essere particolarmente dura è la vita di chi perde il lavoro e non ne trova uno nuovo, o guadagna in tutto 250/300 euro al mese, spesso senza contributi, o lavora otto ore con un contratto da quattro. La sopravvivenza di queste persone è assicurata solo grazie alla coesione familiare, per quello che può durare, perché si sta sgretolando anche quest’ultima. Non siamo ancora arrivati al fallimento, e il mio timore è piuttosto che la Grecia sia lasciata in uno “stato vegetativo”, un po’ perché le istituzioni internazionali non sanno che cosa fare, un po’ perché non si può permettere una dissoluzione dell’euro, e un po’ perché questa Ue a guida franco-tedesca non ha ancora deciso quale direzione vuole prendere.
Di recente il Commissario Ue, Olli Rehn, ha parlato proprio di questo tema…
Ho apprezzato il fatto che Olli Rehn abbia dichiarato che per i Paesi mediterranei, se continuerà l’attuale crisi, potrebbe essere dato più tempo per applicare le politiche di risanamento. D’altra parte ha aggiunto che non vuole riconoscere gli errori del Fondo Monetario Internazionale sui piani di austerità e sulle conseguenze che ciò avrebbe causato. Ci vuole una posizione coerente dell’Ue, perché in questo momento in Grecia la disoccupazione aumenta, e chi è senza lavoro da più di un anno in molti casi perde buona parte delle prestazioni del Sistema Sanitario Nazionale. In questo momento un Paese in crisi come il nostro non può reagire in nessun altro modo, ci vuole una soluzione a livello comunitario.
Per quello che ha modo di vedere, quanto è diversa la situazione della Grecia da quella dell’Italia?
A questo proposito vorrei che i politici italiani smettessero di additare la Grecia come un esempio negativo. Su quanto è avvenuto ad Atene ci sono responsabilità collettive, il popolo greco ha dimostrato una fierezza e una dignità uniche, ha sopportato tagli che non so in quali altri Paesi sarebbero stati accettati in questo modo. Dire “attenti perché diventeremo come la Grecia”, come se questo Paese avesse una sorta di peccato originale sulle spalle, non mi sembra corretto né morale. L’Italia ha un’industria sicuramente molto più forte della Grecia, ma il vostro Paese vive una situazione di spaccatura tra nord e sud e il debito pubblico, anche dell’amministrazione locale, è molto forte. Se in Italia ci fossero state le stesse tasse sul ceto medio-piccolo, sui pensionati e sui lavoratori dipendenti che ci sono state in Grecia, anche il mercato italiano sarebbe crollato.
(Pietro Vernizzi)