Siamo ormai prossimi al congedo di Papa Benedetto, dopo l’annuncio ufficiale che ha dato un brivido alla Chiesa. Ora qualcuno ci chiede se ci sentiamo abbandonate. “Voi, lì in Siria, fra mille difficoltà. E ora anche il Papa si ritira…”.

Abbandonate? Assolutamente no! Sarebbe come se i discepoli di Gesù si fossero sentiti abbandonati quando egli usciva in solitudine, la notte, per pregare il Padre. Al contrario: noi, che siamo chiamate alla vita monastica, sperimentiamo che la preghiera non ci allontana, ma ci pone al cuore della Chiesa e del mondo. Papa Benedetto, in qualunque modo lo chiameremo “poi”, sarà ancora più pastore, più padre del suo popolo, in questo tempo di raccoglimento che lo attende prima dell’incontro definitivo col suo Signore. Benvenuto in monastero, Santo Padre. In quel monastero di clausura senza limiti nazionali, fatto dalle stanze di tanti che, lontani dai clamori della storia, pregano il Padre loro nel segreto.



Anche per noi è esperienza nuova. Un Papa che muore, prima lo si piange, e poi il pianto irriga la mente perché sia chiara l’eredità che si riceve, perché cresca e fruttifichi. Un Papa che lascia consapevolmente il suo servizio alla Chiesa: anche lui lo si piange, perché lo si ama molto, e ascolteremmo ancora migliaia di volte la sua parola. Ma poi ciò che si sente dentro è solo una gratitudine infinita. A lui, alla Chiesa, a Dio. Forse si dovrebbe solo tacere, ma sentiamo attorno a noi che tanti credenti sono un po’ smarriti. Per questo rispondiamo volentieri alla domanda che ci viene fatta, di dire ciò che sentiamo. Non per rispondere ai commenti malevoli, alle vere e proprie calunnie. Chi non vive la fede, non ha categorie adeguate per comprendere veramente questo passaggio della Grazia. 



Se il criterio con cui si giudica un uomo, una cosa, un avvenimento, è di quanto “potere” si dispone, se si è rieletti come presidenti, se si è nella Hit dei primi dieci successi al mondo, se si resta nelle prime pagine dei giornali, e così via… come si può avere stima di una scelta libera come quella del nostro Papa? Al massimo, si apprezza l’onestà della persona, se ne riconosce la dignità nell’accettare “i suoi limiti”!

Lasciamoci dietro tutto questo, parliamo da credenti pieni di gratitudine e di stupore. Per l’umiltà, la libertà, il coraggio del nostro papa. Che cosa magnifica, la Chiesa! Quali incredibili pastori il Signore ci sta donando. Papa Giovanni Paolo II: un uomo forte, vigoroso di natura e risoluto per Grazia, che ha dovuto accettare di mostrare l’impotenza, la debolezza, persino l’incapacità ad esprimere con le parole ciò che aveva nel cuore. E tutto questo per obbedienza allo Spirito Santo, per dirci che la forza che era in lui era la forza di Dio, non le sue forze umane. E Papa Benedetto: nell’obbedienza al medesimo Spirito, il coraggio, la libertà di lasciare il suo servizio, perché le forze non bastano. 



La scelta opposta, per dire la stessa cosa: è il Signore che agisce, nessuno di noi è indispensabile per il servizio che compie, neppure chi per noi credenti ha ricevuto il carico più grande di responsabilità e di grazia: neppure il Papa. Per uno, la libertà di accettare la debolezza restando. Per l’altro, la libertà di accettare la debolezza rinunciando. E se ci stupiamo ancora di questa scelta, ricordiamo le parole del Vangelo di S. Giovanni Battista. Gesù dice che tra i nati di donna non vi è nessuno più grande di lui. Ma di se stesso, Giovanni dice che Gesù deve crescere, lui diminuire. Questa è la logica della nostra fede, e nessun’altra.

Logica che libera, non che umilia, perché nessuno, fosse anche il successore di Pietro, “il dolce Cristo in terra”, è, cioè si identifica, con il servizio che compie. Un uomo “è” solamente nella sua relazione personale e profonda con Dio.

Che bella la nostra fede! Che non ci dà schemi precostituiti, un modo unico in cui dover essere o non essere. Ci chiede solo di obbedire alla verità che è in noi, allo Spirito che ci dà vita e conduce alla pienezza la nostra coscienza e il nostro essere. Anche se, in effetti, è un po’ difficile, si tratta solo di umiltà e desiderio vero. Questo deve anche darci coraggio, ogni volta che ci sentiamo inadeguati; forse può aiutarci a comprendere perché aborto, eutanasia e quant’altro sono scelte così contrarie alla vita, in quanto corrispondono tutte a scelte di efficienza, di produttività, così contrarie alla dignità di semplicemente “essere”, esistere.

Siamo ingannati da ciò che ci circonda, che ci fa credere che siamo “qualcuno” se i giornali possono occuparsi di noi. Che follia! Noi semplicemente “siamo”, e come siamo dipende esclusivamente dalla nostra scelta, da come vogliamo essere in rapporto a Dio.

L’unica unità di grandezza, nel Regno di Dio, è la capacità del nostro amore. La grandezza di Pietro non è nel servizio che ha ricevuto, nell’essere il primo fra gli Apostoli; è solo nell’aver risposto a Gesù: “tu lo sai che io ti amo!”.

Santo Padre, davvero Benedetto di nome e di grazia. Quando fra qualche giorno passerai la porta del “tuo” monastero, ci troverai lì, in ginocchio, a pregare con te, e a chiedere ancora la tua benedizione, tu vero amico di Dio.

 

(Suor Marta)

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