Il presidente Mahmoud Ahmadinejad si trova in visita al Cairo in quello che rappresenta il primo viaggio ufficiale di un leader iraniano in Egitto dalla rivoluzione del 1979. Il presidente Mohamed Morsi lo ha accolto con tutti gli onori all’aeroporto della capitale, e i due hanno discusso della crisi in Siria e sul modo di migliorare le relazioni tra i due Paesi. Ahmadinejad ha annunciato inoltre l’intenzione di visitare la Striscia di Gaza governata da Hamas. Ilsussidiario.net ha intervistato Michael Herzog, cittadino israeliano, international fellow del Washington Institute for Near East Policy, oltre che autore di commenti per il quotidiano Haaretz.
In novembre Morsi ha convinto Israele e Hamas a cessare le ostilità. Riuscirà a pacificare anche i rapporti tra Israele e Iran?
No. In primo luogo, la distanza tra Israele e il regime iraniano non può essere superata per la fondamentale animosità di Teheran contro lo Stato ebraico. Si tratta di un divario che non può essere colmato attraverso degli sforzi diplomatici, in quanto l’Iran sta facendo il possibile per rafforzare militarmente i nemici di Israele, inclusi i gruppi terroristici a Gaza e Hezbollah in Libano. Gli iraniani non sono insomma interessati a superare le distanze con Israele. In secondo luogo le relazioni tra egiziani e iraniani non sono sufficientemente strette da consentire a Morsi di giocare questo ruolo. Ci sono grandi differenze tra Iran ed Egitto, questa visita è la prima dopo decenni di gelo diplomatico, e non basta certo a superare di colpo la distanza tra i due Stati. Dopo questo viaggio di Ahmadinejad non ci sarà quindi nessun passo avanti nelle relazioni tra Iran ed Egitto.
Questa visita è anche il segno del fatto che l’Egitto di Morsi punta a giocare un ruolo di primo piano in Medio Oriente?
L’Egitto vorrebbe giocare un ruolo più importante nella regione come è avvenuto in passato. Di recente è diventato meno attivo, ma vorrebbe ritornare al centro del palcoscenico. Questa sua ambizione è rimessa però in discussione dalla grave crisi economica del Cairo, che oggi è più dipendente dal sostegno finanziario di altri Paesi, in primo luogo dal Qatar. Ed è proprio questo fatto che in futuro impedirà all’Egitto di aprirsi ulteriormente all’influenza dell’Iran.
Il dialogo tra Iran ed Egitto può preparare una soluzione pacifica in Siria?
Non ne sono molto convinto. Purtroppo sono molto scettico sul fatto che nel prossimo futuro si possa trovare una soluzione per la Siria. E’ estremamente difficile colmare il divario tra Bashar Assad e l’opposizione. Quando si parla di una soluzione diplomatica, la domanda cui nessuno risponde è se sarebbe con o senza Assad. Il presidente siriano non ha mostrato alcun segno di voler lasciare il suo posto. Dalle sue recenti dichiarazioni al contrario emerge che vuole combattere fino alla fine, perché crede nella vittoria. E’ quindi molto difficile trovare una soluzione diplomatica. Quando il Cairo ha suggerito degli incontri con il cosiddetto Quartetto (composto dall’Egitto, dalla Turchia, dall’Iran e dall’Arabia Saudita, ndr), quest’ultima si è opposta con veemenza al fatto di includere anche Teheran.
L’incontro tra Ahmadinejad, di religione sciita, e Morsi, sunnita, può mettere fine al grave conflitto tra le due principali correnti musulmane?
Le tensioni tra sunniti e sciiti nella regione stanno crescendo. Lo si è visto nella guerra civile in Siria, in Libano, in Bahrein, in Iraq e nella stessa Arabia Saudita, dove è presente una minoranza sciita nella Provincia Orientale e dove di recente ci sono stati diversi tumulti. Quando Ahmadinejad ha incontrato lo Sheik di Al-Azhar (la principale autorità sunnita dell’Egitto, ndr), ci sono stati degli scambi interessanti sulle reciproche differenze e il leader di Al-Azhar ha espresso critiche nei confronti della politica iraniana. La nuova Costituzione egiziana, che tutela i diritti delle tre principali religioni monoteistiche, islam, cristianesimo ed ebraismo, esclude altre denominazioni come gli stessi sciiti. Ci sono quindi ancora numerose tensioni tra sunniti e sciiti, e sono venute a galla anche nel corso di questa visita.
Che cosa ne pensa delle dichiarazioni di Ahmadinejad, che ha espresso il desiderio di visitare Gaza?
E’ naturale che esprima questo desiderio. Durante le recenti tensioni tra Israele e Gaza, Hamas è stato sostenuto dal punto di vista finanziario e politico dalle principali potenze sunnite, come l’Egitto di Morsi, il Qatar e la Turchia. L’Iran avrebbe voluto prendersi il merito per la resistenza di Hamas contro Israele, al punto che è giunto a dichiarare per la prima volta di avere rifornito i palestinesi di armi. Il timore di Ahmadinejad era che tutto il merito andasse alle potenze sunnite, per il loro sostegno politico e finanziario ai palestinesi. L’Iran ha quindi voluto inviare il messaggio che il loro sostegno ad Hamas era più importante. La dichiarazione di Ahmadinejad sulla sua volontà di visitare Gaza è perfettamente in linea con questa strategia.
(Pietro Vernizzi)