Non è soltanto il desiderio di vendetta il motivo che ha scatenato la rabbia e la violenza che hanno fatto seguito all’uccisione in un agguato di Chokri Belaid, segretario generale del Movimento patriottico democratico e membro di spicco del Fronte popolare tunisino.

La sfiducia della popolazione nei confronti del sistema di potere che si è insediato nel paese nordafricano dopo la caduta del regime di Ben-Ali è infatti la principale causa del caos che si è rapidamente propagato dal centro alla periferia di Tunisi.

Il Primo ministro Hamadi Jebali ha chiesto lo scioglimento dell’attuale governo, proponendo la sostituzione degli attuali ministri con dei tecnici. L’annuncio del Premier è stato però criticato persino dai vertici di Ennahda. Anche la Chiesa tunisina è critica con l’operato di Jebali: attraverso la voce di P. Alamat, responsabile delle Pontificie Opere Missionarie di Tunisi, ha sottolineato come “fino ad oggi il governo non ha mai preso in considerazione le proposte dell’opposizione. Con questo omicidio ha iniziato invece a considerare alcuni cambiamenti, ma ora è troppo tardi”.

A due anni dalla rivoluzione dei Gelsomini, sono migliaia le persone tornate in piazza per chiedere le dimissioni del governo dominato da Ennahda (Fratelli Musulmani), ma del quale fanno parte anche forze laiche. Questo blocco di potere, in poco più di un anno si è dimostrato incapace di affrontare i problemi dei cittadini, mentre il paese correva a grandi passi verso il baratro economico e lo scontro sociale. Questo contesto favorisce azioni terroristiche come quella di mercoledì: far cadere l’attuale esecutivo significherebbe colpire duramente il tentativo di governare insieme di musulmani e laici, favorendo l’islam più radicale.

Oltre a quella del governo tecnico, l’altra soluzione di cui si è parlato è quella di un cambio al vertice con la discesa in campo del leader del partito Rachid Ghannouchi o di un suo uomo di fiducia. Ciascuna delle due ipotesi, con tutta probabilità, non metterà le cose a posto e non placherà le proteste. Più che un avvicendamento al governo, quello che deve cambiare nella politica e nell’opinione pubblica tunisina è l’orizzonte a cui guardare, il modello di convivenza ideale a cui ispirarsi. La speranza che questo accada non è così remota.

Proprio nel giorno in cui veniva ucciso Belaid, Moncef Marzouki, Presidente della Repubblica di Tunisia, ha infatti tenuto un discorso al parlamento europeo di Strasburgo. Mi ha colpito in particolare un passaggio: “oggi, ciò che ci fa sognare è l’idea di un’Unione magrebina, e più tardi araba, sul modello dell’Unione europea, vale a dire un’unione di stati democratici e di popoli liberi, che lavorano insieme per il bene di tutti. L’Unione europea ci affascina anche per un fatto miracoloso che l’ha interessata: la riconciliazione franco-tedesca. L’esistenza di un tale miracolo mostra la sua possibilità e la possibilità di una sua riproduzione, malgrado la rarità dei miracoli. Permettetemi di chiedervi di preparare la venuta di questa pace che noi tutti attendiamo nel vicino oriente”.