Nonostante la crisi, la crescente povertà sociale e il discredito di cui soffrono le istituzioni spagnole (partiti, amministrazioni, Parlamento e perfino la Casa reale), la Chiesa spagnola continua a ricevere un notevole sostegno economico. Dal 2007 vige un accordo firmato tra la Conferenza episcopale spagnola e l’allora Premier Josè Luis Rodríguez Zapatero, secondo il quale i fedeli che lo desiderano possono destinare il 7 per mille delle loro tasse alla Chiesa, mettendo una crocetta nella loro dichiarazione dei redditi. Quest’anno ci sono stati 7.357.037 contributi. Posto che il 23-24% delle dichiarazioni sono congiunte (marito e moglie), si può stimare che circa 9,1 milioni di contribuenti spagnoli hanno scelto di devolvere parte delle loro tasse alla Chiesa, un milione in più rispetto a quelli che l’hanno fatto nel 2007. In questo computo non sono compresi coloro che, per via dei loro bassi redditi, sono esentati dal pagamento delle imposte.
Con sei milioni di disoccupati e più di un milione di famiglie in cui tutti i membri sono senza lavoro, solo 97.786 spagnoli non hanno messo ancora la crocetta sulla casella destinata alla Chiesa rispetto al 2012. Probabilmente il fenomeno è da mettere in relazione con il ruolo impressionante che la Caritas sta avendo nella società (l’anno scorso ha assistito due milioni di disoccupati) e con la generosità con cui i Vescovi spagnoli stanno contribuendo a raccogliere fondi per questa realtà ecclesiale (hanno appena dato un nuovo contributo da sei milioni di euro).
Nonostante questi buoni risultati, il basso livello dei redditi delle famiglie comporta una diminuzione dell’entrate dello Stato. Il Fisco spagnolo raccoglierà meno soldi quest’anno e anche la Chiesa, dato che riceve una percentuale di quello che il contribuente che sceglie di sostenerla versa. Concretamente, la raccolta della Chiesa è scesa di 1,2 milioni di euro, arrivando a 247,1 milioni. Per usare le parole del vicesegretario economico della Conferenza episcopale, Fernando Giménez Barriocanal, “la Chiesa dovrà fare di più, con meno”.
I dati fiscali rilevano un mantenimento dei livelli di stima della società nei confronti della Chiesa davvero rilevante, perché il resto delle istituzioni, invece, vive una crisi senza precedenti. I casi di corruzione coinvolgono in questo momento quasi tutti i partiti presenti in Parlamento, specialmente il Psoe dell’Andalusia, il Partido Popular di Valenza e Maiorca e i partiti catalani, interessati anche da un caso di spionaggio politico attraverso i report commissionati all’agenzia investigativa Método 3. Negli ultimi mesi è stata scoperta l’esistenza di conti in Svizzera e Liechtenstein intestati ai leader di Convergencia y Unión – il partito nazionalista catalano di destra – che governa in Catalogna ed è finito in modo spettacolare nell’inchiesta. Anche Luis Bárcenas, ex tesoriere del Pp, aveva conti in Svizzera.
La perdita di credito ha riguardato anche i reali spagnoli. Il genero di Juan Carlos, Iñaki Urdangarín, è sotto processo per aver ricevuto ingenti quantità di denaro dalle amministrazioni locali quando era alla guida di una serie di imprese e fondazioni dedicate teoricamente a sostenere lo sport (è stato giocatore di pallamano della nazionale) e aiutare i bisognosi. Nelle indagini stanno venendo a galla degli indizi che potrebbero compromettere sua moglie, la Principessa Cristina. Infatti, il suo segretario, Carlos Revenga, è stato coinvolto nel caso e ciò ha fornito lo spunto ad alcuni nazionalisti (come Pere Navarro, leader del Partido Socialista de Cataluña) per chiedere a Juan Carlos di abdicare,
Le inchieste rivelano una preoccupante disaffezione degli spagnoli verso i politici e i partiti, cosa che alimenta le iniziative antisistema dei movimenti di strada che, attraverso le manifestazioni, protestano contro il Parlamento e propongono formule diverse formule assembleari. Questi movimenti sono molto attivi nella difesa dei cittadini sfrattati per non essere riusciti a pagare i mutui: si tratta di circa 15.000 famiglie che soffrono di gravi problemi da quando è scoppiata la bolla immobiliare e che non sono riusciti, trovandosi disoccupati, a far fronte ai loro debiti con le banche.
Che in questo contesto difficile, generato senza dubbio dalla crisi economica, la Chiesa mantenga prestigio sociale e l’appoggio dei cittadini è, quasi quasi, “miracoloso”.