“Una faccenda condotta male sin dall’inizio e che adesso ci regala un’ultima mossa altamente negativa”. E’ questo il parere di Annalisa Ciampi, docente di diritto internazionale, davanti alla clamorosa decisione dell’Italia di non rimandare indietro i due marò accusati dell’omicidio di alcuni pescatori indiani. Come si sa Massimiliano Latorre e Salvatore Girone si trovavano in Italia grazie a un permesso speciale (il secondo, dopo quello di Natale con il quale avevano potuto passare due settimane con le loro famiglie) di un mese per esplicitare il diritto di voto, e avrebbero dovuto dunque fare ritorno alla loro situazione di detenzione in India. Ieri una nota della Farnesina ha dichiarato invece che i due soldati rimarranno in Italia a causa della violazione del diritto internazionale che l’India ha sempre effettuato nel caso in questione. “Rispondere a una violazione di dritto con un’altra violazione” spiega Ciampi “non è certo un bel modo di agire, considerando poi che l’India per due volte ci aveva concesso la massima fiducia inviando in Italia i due marò. A questo punto ne viene colpita la nostra credibilità internazionale: come potremo chiedere ancora l’estradizione ad esempio di Cesare Battisti?”.
Come giudica la decisione del nostro ministero degli Esteri sul caso dei due marò?
E’ sicuramente una decisione inimichevole, ma anche un gesto di violazione del diritto internazionale perché contravviene all’accordo preso con l’India sulla base del quale i due marò venivano qua solo con un permesso temporaneo.
Siamo davanti a un bel pasticcio internazionale, dunque.
C’è da valutare un fatto, che aprirebbe alla tesi contenuta nella nota rilasciata dalla Farnesina: che questa violazione del diritto internazionale compiuta dall’Italia sia giustificata come contro misura.
In che senso?
Una misura cioè presa nei confronti di un illecito a sua volta commesso dall’India.
Ma procedere con violazioni contro violazioni a che cosa può portare? Stiamo parlando di due Paesi, non di una lite tra vicini di casa.
Quello che potrebbe giustificare il comportamento dell’Italia è il fatto che è pendente una controversia internazionale per la quale è stata attivata una procedura di soluzione ideata sulla base della convenzione del 1954, che prevede una commissione di conciliazione. Per questa commissione l’Italia ha nominato il nostro membro mentre l’India non ha mai nominato nessuno. Un modo, il loro, per paralizzare la soluzione della controversia.
Come potrebbe essere giudicata l’iniziativa dell’Italia sul piano internazionale?
Che a questo tipo di comportamento – una violazione da parte dell’India – si possa rispondere violando gli accordi, cioè con violazioni reciproche, sembra una tesi piuttosto sproporzionata. Tutto questo un tribunale internazionale non dovrebbe ritenerlo corretto.
Si può pensare che dietro la decisione presa di non rimandare indietro i due marò ci fosse la paura da parte italiana che i due venissero condannati?
Sì, la mia sensazione da esterna è sempre stata questa. Erano anche girate alcune voci che ci fosse in corso una trattativa per un accordo con l’India su un eventuale rimpatrio dei marò, se fossero stati giudicati e condannati in India. Un trasferimento nel paese di cittadinanza a pena inflitta insomma, magari da scontare in Italia. Può darsi che questo accordo sia slittato e ciò abbia fatto pensare all’Italia: ne usciamo doppiamente bastonati, ci fanno il processo, ci condannano e poi li tengono anche lì a scontare la pena.
Come pensa che l’Italia abbia agito in questa vicenda, a parte questo ultimo episodio? Bene o male?
Non ci siamo mai mossi bene. In primo luogo perché l’errore è stato quello di far entrare la nave in un porto indiano quindi perdendo da subito la giurisdizione. Reclamare appunto la giurisdizione come sempre fatto dall’Italia non basta una volta che ti sei consegnato da solo a loro. E poi i pescatori uccisi erano cittadini indiani, questo non bisogna mai dimenticarlo.
Cosa è mancato di più nelle nostre iniziative?
E’ sempre mancata una chiarezza di argomentazioni. Ad esempio il luogo esatto del reato, il discorso dell’immunità. Ma soprattutto, dopo questa nostra decisione, come facciamo a rinfacciare all’India una violazione del diritto internazionale quando l’India stessa ci ha dato la fiducia mandandoli in Italia ben due volte? E noi rispondiamo violando la loro fiducia? Quella che ne viene colpita è la nostra credibilità internazionale.
Cosa intende con questa frase?
Come faremo in casi analoghi che ci premono molto, ad esempio quello di Cesare Battisti? Non saremo più credibili a fronte poi delle ben note carenze del nostro sistema carcerario che ci vengono rinfacciate da tutta Europa. Non credo che usciamo bene dalla decisione di trattenere in Italia i due marò.