Non c’è niente che lasci sperare in meglio, neanche in un cambiamento di prospettiva minimo. Tutto, in Grecia, sembra congiurare per volgere al peggio. Per l’ennesima volta, le trattative tra il governo ellenico e la troika (Ue-Bce-Fmi) si sono concluse nel nulla. Quindi, niente tranche da 2,8 miliardi di euro a marzo e niente tranche trimestrale da 6,2 miliardi di euro ad aprile. Nel frattempo, la tensione sociale è alle stelle, la disoccupazione pure, i redditi non sono sufficienti per arrivare a fine mese e gran parte dei giovani stanno fuggendo dal Paese. Ora che succede? Lo abbiamo chiesto a Teodoro Andreadis Synghellakis corrispondente della Bbc greca.



Senza la nuova tranche, cosa rischia il Paese?

A breve si potrebbe arrivare di nuovo sull’orlo del famigerato rischio di non poter pagare stipendi e pensioni.

Cosa accadrà, nell’immediato?

Sicuramente le trattative continueranno la prossima settimana. Per l’ennesima volta si andrà incontro al solito balletto di pressioni, rinunce, promesse e richieste di nuovi tagli. Come da copione, la Troika loda i progressi della Grecia, ma dice che bisogna fare di più. Blocca, temporaneamente, la tranche, fa nuove richieste, e il governo di Atene è in parte costretto a concedergliele. E a tagliare.



Cos’altro può tagliare?

Si andrà avanti con le privatizzazioni. Ci potrebbe essere un ulteriore diminuzione dei salari minimi, già ridotti all’osso. Forse, si taglierà ulteriormente la spesa pubblica, specie quella sanitaria. Anche se non capisco come. La sanità greca, infatti, è ormai quasi al collasso. Oltretutto, molti cittadini senza lavoro sono costretti ad andare dai medici volontari. In Grecia, infatti, perdere il lavoro comporta la perdita della maggior parte dei benefici sanitari. Può darsi, infine, che si insisterà sulla riduzione degli impieagati statli.

Tutto questo cosa comporterà?



In questa situazione le politiche di austerità non faranno altro che inasprire la stretta recessiva. Di conseguenza, aumenterà la disoccupazione, che già si attesta oltre al 50%. Siamo in un circolo vizioso, dal quale sembra impossibile uscire. Oltretutto, si teme che le la gente non riuscirà più a pagare le nuove tasse. L’imposta straordinaria sulla casa, una specie di Imu, ma più alta, si dovrà mantenere anche per il prossimo anno, ma già in molti non sono riusciti a pagarla quest’anno. Su questo fronte, si arriverà probabilmente al collasso.

Quindi?

Non resterà che svendere a prezzi vantaggiosi industrie appartenenti allo Stato o beni demaniali.

Chi ci guadagnerà?

Esclusivamente gli investitori esteri. 
In che modo la situazione può volgere al meglio?

Sarebbe necessario che l’Europa invertisse la rotta. Il problema è che la Grecia ha firmato un memorandum. Tale documento andrebbe destrutturato. Ma questo significherebbe, da parte dell’Fmi e dell’Ue, avere il coraggio di dire che le loro politiche non hanno funzionato, che hanno prodotto una recessione micidiale e che le loro previsioni sulla decrescita erano sbagliate. Solo così sarebbe possibile smontarne il meccanismo e rimontarlo su nuove basi.

Un’inversione di tendenza implica un massiccio intervento di spesa pubblica. La Merkel lo permetterebbe?

Sono praticamente convinto di no. Oltretutto, dubito che, in tal senso, il governo italiano, nel quale i greci riponevano una certa fiducia, possa fare pressione in Europa, mentre Hollande è sempre più isolato.

L’uscita dall’euro resta sulla fondo?

Se, entro autunno, non ci saranno segnali chiari di ripresa, la situazione potrebbe precipitare. 

 

(Paolo Nessi)

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