L’umiltà e la ricerca di semplicità dimostrate da Papa Francesco a poche ore dall’ascesa al soglio pontificio non smettono di stupire. L’ultimo gesto è stato rivolto ai connazionali argentini, ai quali Jorge Mario Bergoglio ha chiesto di rinunciare al viaggio verso Roma, in vista del suo insediamento di martedì, e di fare un gesto di carità, donando il denaro ai più bisognosi. Per l’importante cerimonia sono attese nella capitale numerose personalità istituzionali da tutto il mondo: sono oltre 200 le delegazioni che giungeranno a Roma per la grande messa di inaugurazione che, nel giorno in cui si celebra la festa di San Giuseppe, si uniranno a migliaia di fedeli, capi di Stato e di governo, per assistere all”insediamento del nuovo Pontefice. Da Gerusalemme arriverà anche il Custode della Terrasanta, padre Pierbattista Pizzaballa, contattato da ilsussidiario.net.
Come ha accolto la scelta di Jorge Mario Bergoglio di chiamarsi Francesco?
Come tutti, ho accolto il nome pontificale con molta sorpresa. Francesco è un nome decisamente inusuale per un Papa, eppure, proprio al suo interno, sembra già delinearsi quella linea che andrà a caratterizzare il pontificato di Jorge Bergoglio. Farsi chiamare in questo modo, quindi, evidenzia chiaramente l’impronta che il nuovo Papa vuole dare e, essendo noi francescani, oltre a essere sorpresi siamo ovviamente molto contenti.
Proprio San Francesco ha rinnovato la chiesa dal basso: cosa vuol dire adesso chiamarsi Francesco ed essere al vertice della gerarchia della Chiesa?
In San Francesco, il rinnovamento della Chiesa è semplicemente passato attraverso l’amore in Cristo, punto fondamentale da cui bisogna partire. Sono tante le cose da fare e gli aspetti da modificare, questo è indubbio, ma come ha già detto proprio Papa Francesco, è necessario iniziare dall’amore in Cristo, altrimenti siamo perduti.
Lei ha detto che considera la scelta del nome “tutto un programma”. Cosa intende?
Il nome Francesco, nella percezione del mondo cattolico e non solo, rappresenta la fedeltà al Vangelo senza interpretazioni, l’amore verso i poveri, la semplicità nelle relazioni e soprattutto l’amore verso Cristo crocifisso, proprio come ha sottolineato il Pontefice nella sua recente omelia. Credo quindi che proprio questi obiettivi caratterizzeranno il programma di Papa Francesco.
Quando Francesco si è presentato, innanzitutto come “vescovo di Roma”, ha detto che la Chiesa di Roma “presiede nella carità tutte le Chiese”. Cosa significa?
Queste parole rappresentano di fatto le basi dell’ecclesiologia e sono significative non tanto per il loro contenuto, quanto per il luogo e il momento in cui sono state pronunciate. Papa Francesco si è presentato, fin dalla prima apparizione pubblica, come vescovo di Roma, un chiaro segnale del rapporto che vorrà instaurare con gli episcopati del mondo, decisamente più semplice e diretto. Credo inoltre che queste parole siano rivolte in particolare ai patriarchi delle chiese orientali che senza dubbio preferiscono interagire più con il “vescovo di Roma” che con il “Papa”. Questo, naturalmente, non perché non accettano la figura del Pontefice, ma perché le chiese ortodosse non gradiscono tutta l’enfasi che si viene a creare intorno al Papa.
Cosa significano invece le parole del Papa per la Terra santa?
E’ ancora presto per dirlo, ma la Santa Sede e il Papa sono sempre stati vicini alla Terra Santa, chiesa preziosa per tutti. Sono certo che la semplicità con cui Papa Francesco si è presentato rappresenterà un importante insegnamento anche per noi che ne abbiamo bisogno. Il contributo del Pontefice sarà sicuramente rilevante su tutte queste tematiche.
Un passaggio dell’omelia di ieri recitava: “Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma.” Come accoglie queste parole del Santo Padre?
Non possono che essere accolte con un Amen. E’ proprio così, si parla spesso della Chiesa in modo positivo quando fa del bene, ma vi è disinteresse quando si parla di Gesù Cristo. E, come dicevo in precedenza, parliamo in particolare di Gesù Cristo crocifisso, il punto da cui è necessario assolutamente partire. E’ dalla croce di Cristo che dobbiamo rimettere a fuoco e dare un senso a tutto ciò che facciamo.
(Claudio Perlini)