Il ministro degli Esteri indiano, Ashwani Kumar, ha reso noto che il suo governo non può escludere la pena di morte per i due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. A stretto giro la replica di Staffan De Mistura, sottosegretario agli Esteri, che ha reso noto che il governo italiano ha ricevuto un’”assicurazione scritta” dal governo indiano. Un impegno che comunque non vale nulla perché la sentenza nei confronti dei fucilieri italiani dovrà essere presa dal tribunale speciale indiano, e non invece dal governo di Nuova Delhi. Ilsussidiario.net ha intervistato Carlo Curti Gialdino, professore di Diritto internazionale all’Università La Sapienza di Roma.



Professor Curti Gialdino, ora i due marò potrebbero essere condannati a morte?

La situazione appare abbastanza confusa. Il comunicato stampa pubblicato sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri, in cui si dà notizia delle decisioni prese dal Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, afferma che sono state ricevute assicurazioni scritte. Ci deve essere quindi stato uno scambio di note verbali, che conterrebbe l’assicurazione che i marò non sarebbero stati oggetto di misure di arresto e non sarebbero stati giudicati passibili di pena di morte. La precisazione del ministro degli Esteri indiano, Ashwani Kumar, è lapalissiana.



Per quale motivo?

Per il principio della separazione dei poteri che è comune a tutti gli Stati di diritto. Per l’indipendenza della magistratura, nessuna autorità politica può fornire assicurazioni su quanto essa potrà decidere in una specifica controversia. Le decisioni sui due marò stanno nelle mani della Corte suprema fintantoché non entrerà in funzione il tribunale speciale. Non escludo che quest’ultimo alla fine decida di non essere competente, per il prevalere della ragionevolezza della nostra tesi sull’immunità funzionale dei due marò, a prescindere dal caso della giurisdizione territoriale. L’affermazione del ministro Kumar non è quindi priva di fondamento.



Che cosa ne pensa della girandola di annunci e smentite da parte del nostro governo?

La decisione del governo italiano di non far rientrare i marò in India è stata sorprendente, come pure il fatto che la licenza era stata chiesta per motivi elettorali. In base all’art. 2 del decreto legge n. 223 del 18 dicembre 2012 convertito il 31 dicembre successivo con legge n. 232, i militari italiani in missione internazionale all’estero sono autorizzati a votare per corrispondenza. Quindi il motivo della licenza elettorale era francamente incomprensibile, in quanto non comprendo il motivo dell’inapplicabilità della disposizione di legge sul voto per corrispondenza ai marò. Latorre e Girone erano ritornati in Italia sulla base di una dichiarazione giurata del nostro ambasciatore in India.

Qual era il valore di questo impegno? 

Si tratta di un accordo in forma semplificata preso tra i due governi a garanzia del rientro. Che poi sia stato reso nel quadro di una petizione alla Corte suprema questo poco importa. Resta il fatto che l’Italia ha mancato alla parola data. Il comunicato ufficiale del governo italiano ha reso noto che la decisione di non fare rientrare i marò deriva dal fatto che nel frattempo era insorta una controversia internazionale. L’Italia infatti il 6 marzo scorso ha chiesto una conciliazione della controversia ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Poiché all’11 marzo non era ancora arrivata una risposta del governo indiano, l’esecutivo italiano ha ritenuto che fosse nata una controversia. In realtà Nuova Delhi afferma cha stava esaminando la questione.

 

Ma non c’erano ragioni più sostanziali per il rifiuto di fare tornare Latorre e Girone in India?

Sì, tanto è vero che in un successivo comunicato del governo italiano si avanzano degli altri motivi. Il 18 gennaio la Corte suprema indiana ha prefigurato la creazione di un tribunale speciale. In India si tratta di una prassi normale, da noi invece è vietato dalla Costituzione, perché urta il principio del giudice naturale precostituito per legge. Sempre nella nostra Costituzione, inoltre, c’è il divieto di estradizione del cittadino quando si ritiene che possa essere colpito da pena di morte. Ma c’è una cosa che trovo veramente sbalorditiva…

 

Quale?

Nei confronti dei due fucilieri di marina sono aperti due distinti procedimenti penali in Italia: da un lato davanti al tribunale ordinario di Roma per omicidio volontario, dall’altra davanti al tribunale  militare. Risulta a me alquanto incomprensibile per quale motivo, nei confronti di due persone indagate per omicidio volontario, non sia stata presa dalla magistratura una misura preventiva per mantenere gli indagati a disposizione dell’autorità giudiziaria, come il ritiro del passaporto. Questa semplice misura avrebbe impedito l’espatrio dei marò, con buona pace per le assicurazioni date all’India dal nostro ambasciatore.

 

(Pietro Vernizzi)