Caro direttore,
quando giungono le feste, e vedo i festeggiamenti, mi tornano subito alla memoria le parole di Luigi Giussani sulle tradizioni, alle quali non si può ridare vita se non vivendo con esse. La pratica delle tradizioni – fra le quali la celebrazione delle feste religiose, siano esse islamiche o cristiane – è, per alcune persone, del tutto priva di questo spirito, di questa vita. Somiglia a qualcuno che lascia dei fiori primaverili vicino alle tombe dei suoi cari e poi se ne va. I fiori appassiscono e i cuori dei defunti non sbocciano.
Alcuni cuori – per usare una metafora frequente nella tradizione islamica – sono scuri e freddi come le tombe. Altri, invece, sono come un giardino nel quale risplende la luce e sbocciano i fiori. Se entrano l’odio, il rancore, l’invidia e il fanatismo, il cuore dell’essere umano muore, mentre se entra l’amore, il cuore resuscita. Ogni sentimento d’amore è una resurrezione. In tal modo, viviamo una resurrezione ogni giorno che ogni essere umano può testimoniare, e il destino finale sarà la vita, non la morte.
Per questo, oggi, augurando buona Pasqua ai miei cari amici cristiani, non mi felicito con loro per un evento religioso o storico, ma per il significato immortale che questo evento ha nelle loro vite. Festeggiando con loro, sto effettivamente celebrando una condivisione nell’amore che ha consentito al mio cuore di vivere un’eterna primavera.
(Traduzione dall’arabo: Elisa Ferrero)