Benedetto XVI ha compiuto un passo storico. C’è chi come la Cnn ha voluto seguire in diretta le ultime ore di pontificato di Joseph Ratzinger, e c’è chi, come tale Robert McClory, nel passo del Papa sembra vedere solo le scarpe. Rosse, ovviamente. Sarà che siamo ancora un po’ tutti sborniati dall’orgia di “red carpet” di hollywoodiana memoria, ma tra le mille cose su cui un giornalista potrebbe cercare di riflettere in un giorno così – per l’appunto un professore universitario che scrive per un magazine cattolico, il National Catholic Reporter… – “le scarpe del Papa”, mi sembra un tema un tantinino riduttivo… Veramente McClory ce l’ha con tutto l’abbigliamento del Pontefice.



La lussuosa ridondanza di sapore medievale, pomposa, demodé e inammissibilmente costosa, lasci il passo ad una francescana povertà talare. Magari accompagnata dal capo cosparso di cenere (tutto l’anno), perché questi non sono certo tempi gloriosi per Santa Romana Chiesa. Più o meno McClory la vede così. Bene. Visto che ci siamo, aggiungo io, approfittiamo di questa specialissima circostanza di “Sede vacante” e buttiamo giù anche le Cattedrali: per la maggior parte sono medievali, sono costate un occhio della testa e hanno tutte l’atroce difetto di essere stupende.



E dire che una delle esperienze più liberanti nella mia vita newyorchese è poter andare in giro vestito come cavolo mi pare! Don’t get me wrong – non fraintendiamo. Dei codici di abbigliamento ci sono, soprattutto in ambito scolastico e lavorativo. Nella stragrande maggioranza delle scuole private (e qui, finché non chiudono tutte per via della crisi, la maggior parte delle scuole sono private) ragazzi e ragazze vestono una uniform, una divisa, che finisce per essere un bel segno distintivo di appartenenza. E al lavoro, se ci vogliono giacca e cravatta, ci vogliono giacca e cravatta! Ma nessuno verrà a farti le pulci sul taglio dell’abito o la qualità del tessuto. Il poliestere domina la scena, embè? Costa meno. Lasciamo poi perdere gli abbinamenti di colore… qua in America non si è tanto bravi a combinare la camicia con la cravatta e la camicia-cravatta con tutto il resto. Le calze? Forget it …



È che qui c’è gente da tutto il globo terracqueo, e tutto si mischia e si confonde nel calderone della multietnicità. Anche i vestiti. Però bisogna ammettere che poter andare in pigiama a prendere il latte quando ci si accorge che è finito, che siano le due di notte o le sette di mattina, senza che nessuno che incroci batta ciglio è una gran bella cosa! Ci sono mode, soprattutto tra i teenagers, cose “che vanno”, ma sono anzitutto cose che i ragazzi possono permettersi. Andate dal celeberrimo “Abercrobie & Fitch”. Se ci trovare dentro un americano vi offro da bere.

Tra le grandi libertà americane ci mettiamo anche quella di vestirsi come si vuole – nel rispetto, come accennato, di quello che gli ambiti richiedono. E adesso ’sto McClory ci viene a scombussolare tutto dicendoci come deve vestirsi il Papa?

McClory, vieni a New York questa domenica. Prima mi dici cosa pensi dei calzetti arancione vivo che indosso -che, by the way, fanno pendant con la T-shirt sotto la maglia nera “a V” – poi andiamo a Messa ad Harlem, dove si fa ancora come si faceva una volta dappertutto: ci si veste bene, il meglio possibile, per andare a Messa. È giusto e bello così. Tu magari no, ma il Papa queste cose le capisce.

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