E’ morto martedì il caudillo venezuelano Hugo Chávez lasciando il Venezuela in uno stato di caos aberrante, con migliaia di persone nelle strade di Caracas per la veglia funebre. Discusso presidente del Venezuela sin dal 1999 la sua morte non è stata improvvisa. Era chiaro al mondo fin dalle elezioni dell’ottobre scorso che il suo tumore al polmone sinistro di cui soffriva dal 2011 non gli avrebbe regalato molti mesi di vita.



Chávez è stato senz’ombra di dubbio il leader più influente dall’America Latina a livello internazionale, tanto che la sua morte desta preoccupazione dentro e fuori il subcontintente.

Leader militare e golpista, propagatore del socialismo siglo XXI, Chávez è colui che ha orchestrato una logica diversa di sviluppo in tutto il Sudamerica dopo il drammatico decennio degli anni 90 che aveva visto fallire il modello neoliberale legato al consenso di Washington e vincolato alla rendita finanziaria, alla deregulation e alle privatizzazioni oltre che agli aiuti internazionali del FMI e della BM.



Di umili origini, Chávez inizia la sua carriera attraverso il baseball, poi entra nell’esercito.

Fonda nel 1982 il Movimento Revolucionario Bolivariano 200 (MRB200) e nel 1992 tenta il suo primo golpe contro l’allora presidente venezuelano Carlos Andrés Pérez. Fonda poi nel 1997 il Movimento Quinta República (MVR) che lo supporta nelle presidenziali del 1998. Subisce egli stesso un colpo di stato nel 2002 dall’industriale Pedro Carmora, esponente di spicco dell’altra Venezuela, quella intenzionata a chiudere i rapporti con Cuba e a riportare al potere un’oligarchia più vicina agli interessi del capitalismo internazionale. L’avventura dura solo due giorni. Torna subito saldo al potere, Chávez, con logiche di sviluppo di stampo marxista, riadattate in una logica internazionale che vede ben posizionato il Venezuela tra i paesi non allineati. Il Paese gioca, infatti, un ruolo importante come fornitore di idrocarburi e regala supporto a molte campagne elettorali in America Latina, tra cui quella di Morales in Bolivia, dispiegando inoltre forze economiche e politiche in molti paesi della regione.



Il testamento politico è stato rilasciato lo scorso 8 dicembre prima dell’ultima urgente operazione. “La mia opinione ferma, piena come la luna piena, irrevocabile, assoluta, totale è che voi eleggiate Nicolás Maduro come presidente. Ve lo chiedo dal profondo del cuore”.

Cilia Flores, procuratore generale della repubblica e moglie di Maduro, vicepresidente e delfino di Chávez, ha confermato che quest’ultimo si incaricherà di far applicare l’articolo 233 della Costituzione che stabilisce l’ingresso ad interim dello stesso Maduro. Aggiungendo poi che “non è solamente per rispondere alla Costituzione, ma anche per dar seguito alla richiesta del nostro comandante”. 

I costituzionalisti e i giuristi hanno alzato la propria voce sostenendo che questo atto sia anticostituzionale; dovrebbe essere infatti il presidente del parlamento Diosdado Cabello a mantenere la presidenza ad interim fino alle elezioni nel caso di mancanza assoluta del presidente eletto. Ma i cavilli giuridici sono molti, se si considera che Chávez non ha neppure assunto l’incarico dopo essere stato eletto il 7 ottobre 2012.

Certamente il chavismo punta a rendere Maduro da subito un personaggio pubblico associato alla presidenza della repubblica.

Per l’opposizione, per la Mesa de la Unidad Democrática (MUD), Henrique Capriles resta l’unico candidato. Dopo lo scontro alle ultime elezioni presidenziali, dove perse mettendo in luce  le denunce di frode e gli assassini politici, oggi dovrà scontare il peso di elezioni imminenti corredate da un forte impatto emozionale conseguente alla morte di Chávez. E sappiamo bene come in America Latina le morti politiche rappresentino sempre un grande  vantaggio alle urne.

Chávez è stata la figura centrale per la messa in opera della rivoluzione bolivariana e Maduro certamente deve acquisire grandi consensi. Non sarà semplice riproporre il carisma, il personalismo partito e lo stile di leadership di un uomo che il 28 luglio del 2012, nel giorno del suo 58 compleanno, ha dichiarato: “L’uomo del futuro si chiama Chávez perché Chávez non sono più io. Chávez siamo tutti (…). Chávez è il Venezuela, non sono più io”.